Gaza soffoca a causa del blocco israeliano

3 Giugno 2010

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Gaza soffoca. Gli effetti del blocco israeliano nei confronti dei palestinesi della Striscia

(4 giugno 2010)

Il blocco militare israeliano nei confronti della Striscia di Gaza intrappola da tre anni oltre 1.400.000 uomini, donne e bambini palestinesi in un’area che misura appena 40 chilometri di lunghezza e 5 di larghezza. La disoccupazione di massa, l’estrema povertà e l’aumento dei prezzi che ne sono derivati rendono quattro abitanti di Gaza su cinque dipendenti dagli aiuti umanitari. In quanto costituisce una forma di punizione collettiva, il blocco israeliano nei confronti di Gaza è un’evidente violazione del diritto internazionale.

Frontiere chiuse

Dal giugno 2007, con l’imposizione del blocco, i cinque valichi di frontiera terrestre controllati da Israele sono tenuti chiusi. L’altro valico terrestre, quello di Rafah tra Gaza e l’Egitto, è controllato dalle forze egiziane e tenuto chiuso per la maggior parte del tempo. Queste chiusure impediscono quasi regolarmente il movimento dei palestinesi da e verso Gaza, con eccezioni quasi sempre legate a motivi umanitari.

Beni di prima necessità

Il blocco impedisce la maggior parte delle esportazioni e limita l’ingresso di beni di prima necessità, come cibo e carburante. La maggior parte del cibo a disposizione è fornita dall’Onu e da altre agenzie o viene introdotta attraverso tunnel scavati sotto la frontiera tra Gaza e l’Egitto, per essere poi venduta a prezzi esorbitanti per una popolazione allo stremo.
 
La situazione è stata resa ancora peggiore dalla costruzione, da parte del governo egiziano, di un muro d’acciaio lungo il valico di Rafah, nel tentativo d’interrompere il contrabbando interfrontaliero, diventato l’ancora di salvezza della popolazione di Gaza, e di scongiurare ulteriori bombardamenti dei tunnel da parte dell’aviazione israeliana.

Collasso economico

Piuttosto che prendere di mira i gruppi armati, il blocco colpisce per lo più i gruppi più vulnerabili della popolazione, come i bambini (metà della popolazione di Gaza), le persone anziane e quelle malate e i numerosi rifugiati che si trovano nella Striscia.
 
Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’assistenza ai profughi palestinesi, il numero dei rifugiati che vivono in condizioni di povertà estrema è aumentato di tre volte dall’inizio del blocco. Queste famiglie non hanno neanche i mezzi per comprare il sapone, i materiali scolastici o l’acqua potabile. Secondo le Nazioni Unite, oltre il 60 per cento delle famiglie di Gaza rientra nella categoria della ‘insicurezza alimentare’.

Mancanza di forniture

La situazione della fornitura di elettricità nella Striscia di Gaza sta peggiorando. Molti abitanti sono costretti a rimanere senza luce ogni giorno per otto o anche 12 ore. Sono frequenti anche le interruzioni della fornitura di gas da cucina, poiché il razionamento impone di dare priorità agli ospedali e ai forni.

Blocco degli aiuti

Sebbene Israele consenta l’ingresso di alcune forniture umanitarie da parte di agenzie internazionali, queste vengono strettamente limitate e ritardate di frequente. Secondo le agenzie dell’Onu, nel 2009 i costi aggiuntivi di stoccaggio e trasporto causati dai ritardi derivanti dal blocco hanno raggiunto i 5 milioni di dollari.

Salute

A causa del blocco, questo settore è stato falcidiato dalla carenza di attrezzature mediche e forniture di medicinali. 
 
A seguito della chiusura dei valichi di frontiera da parte d’Israele, le persone che non possono esser curate a Gaza devono chiedere il permesso di lasciare il territorio per poter ricevere un trattamento medico o all’estero o negli ospedali palestinesi della Cisgiordania. Le autorità israeliane spesso ritardano o rifiutano la concessione del permesso. Alcuni abitanti di Gaza sono morti nell’attesa.
 
I camion dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) contenenti attrezzature mediche destinate agli ospedali di Gaza vengono spesso rimandati indietro, senza spiegazioni, dalle guardie di frontiera israeliane.

Il conflitto di Gaza

Dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009, Gaza è stata sottoposta a una devastante offensiva militare israeliana, denominata operazione ‘Piombo fuso’, ordinata, sostiene Israele, per fermare il lancio indiscriminato di razzi contro il suo territorio da parte di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi. Oltre 1380 palestinesi sono stati uccisi, tra cui più di 300 tra bambini e altri civili, e migliaia sono stati i feriti. Molte migliaia di abitazioni sono state distrutte o gravemente danneggiate, così come le infrastrutture elettriche e idriche. Edifici civili, tra cui ospedali e scuole, sono stati a loro volta danneggiati o distrutti dagli attacchi israeliani.
 
L’operazione ‘Piombo fuso’ ha portato la crisi umanitaria di Gaza a livelli catastrofici. Dopo la fine dell’attività militare, il blocco ha gravemente compromesso o impedito gli sforzi per la ricostruzione. Poiché molti materiali da costruzione vengono bloccati ai valichi o vengono fatti entrare in quantità limitata, gli abitanti di Gaza non sono in grado di rimettere in piedi le loro vite.

La violenza prosegue

Nel novembre 2009, Hamas ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale del lancio di razzi, ma i gruppi armati palestinesi lo hanno violato in diverse occasioni. 
 
Dal cessate il fuoco seguito all’operazione ‘Piombo fuso’, nel gennaio 2009, nel sud d’Israele una persona è stata uccisa a causa dei mortai o dei razzi lanciati dai gruppi armati palestinesi.
 
Con regolarità, le forze militari israeliane hanno portato a termine raid su Gaza e hanno proseguito a bombardare i tunnel sotto il valico di Rafah. Nell’anno successivo alla fine dell’operazione ‘Piombo fuso’, 71 palestinesi sono stati uccisi e 130 feriti a seguito del crollo dei tunnel, di raid aerei o per altre cause.
 
I soldati israeliani hanno continuato ad aprire il fuoco, causando morti e feriti, contro contadini e   pescatori palestinesi, così come contro altri civili che si avvicinano al perimetro di Gaza o al limite delle tre miglia nautiche imposto da Israele al largo della costa di Gaza.

Punizione collettiva

Le autorità israeliane hanno addotto varie ragioni per giustificare il blocco: una risposta agli attacchi dei gruppi armati palestinesi, una reazione al sequestro, ancora in corso, del soldato israeliano Gilad Shalit, una pressione nei confronti dell’amministrazione de facto di Hamas.
 
Qualunque giustificazione venga fornita, più che colpire l’amministrazione di Hamas o i gruppi armati palestinesi, il blocco costituisce una punizione collettiva contro l’intera popolazione di Gaza, in maggioranza composta da bambine e bambini. 

Leggi il rapporto in inglese ‘Israel/Occupied Palestinian Territories: Suffocating: The Gaza Strip under Israeli Blockade’