Gaza, un anno dopo le proteste. Amnesty rinnova la richiesta di embargo sulle armi a Israele

30 Marzo 2019

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Un anno dopo l’inizio delle proteste della “Grande marcia del ritorno”, Amnesty International ha ricordato che migliaia di civili palestinesi di Gaza continuano a subire le devastanti conseguenze delle irresponsabili e impunite tattiche israeliane.
Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, dal 30 marzo al 22 maggio 2018 le forze israeliane uccisero almeno 195 palestinesi, tra cui 41 minori, e ne ferirono 28.939.

Amnesty International ha chiesto alle autorità israeliane di non ricorrere all’uso eccessivo della forza in occasione delle manifestazioni previste sabato 30 marzo, in occasione dell’anniversario delle proteste del 2018 che chiedevano la fine del blocco illegale contro Gaza e il ritorno dei rifugiati palestinesi alle terre da cui erano stati espulsi 70 anni prima.
La commissione d’inchiesta istituita dalle Nazioni Unite sulle violazioni commesse durante le proteste ha dichiarato che alla fine del 2018 oltre 6000 palestinesi di Gaza risultavano feriti da proiettili veri e che almeno 122, tra cui 21 minori, avevano subito amputazioni degli arti.

“La dimensione scioccante e la natura orribile delle ferite debilitanti subite dai manifestanti palestinesi suggeriscono che Israele abbia perseguito l’intenzionale strategia di procurare danni ai civili”, ha dichiarato Saleh Higazi, vicedirettore di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

“Molte delle persone ferite dalle forze israeliane hanno subito ferite che hanno apportato cambiamenti nella loro vita e che lasceranno profondi segni fisici e psicologici negli anni a venire. Queste ferite devastanti e il fatto che ancora si spari nei confronti dei manifestanti, sottolineano l’urgente bisogno di un embargo mondiale sulle armi destinate a Israele”.

Il rapporto della commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite, reso noto nel marzo 2019, riecheggia le conclusioni cui era giunta Amnesty International, secondo la quale molte uccisioni di palestinesi da parte delle forze israeliane hanno violato il diritto internazionale umanitario. Il rapporto “ha riscontrato ragionevoli motivi per ritenere che le forze di sicurezza israeliane abbiano ucciso e ferito manifestanti palestinesi che non ponevano una minaccia immediata di morte o ferimento grave ad altre persone nel momento in cui erano state colpite” dai proiettili: tra queste, minori, giornalisti, personale paramedico e persone con disabilità.

Sempre secondo il rapporto delle Nazioni Unite, l’80 per cento dei 6106 feriti a causa dei proiettili veri era stato colpito agli arti inferiori. Durante le proteste della Grande marcia del ritorno, ha perso gli arti un numero maggiore di persone rispetto all’intera durata del conflitto del 2014. Medici di Gaza hanno riferito ad Amnesty International che molte delle ferite più gravi che avevano curato erano tipiche ferite di guerra.

Secondo gli esperti militari e di anatomia forense che hanno visionato le fotografie dei feriti ottenute da Amnesty International, molte delle ferite erano compatibili con quelle causate da armi militari ad alta velocità come i fucili Tavor di produzione israeliana e i Remington M24 di fabbricazione statunitense che esplodono pallini da caccia di 7.62 mm che si espandono e si frantumano all’interno del corpo.

“La politica delle forze israeliane di impiegare la forza letale durante le proteste, usando armi progettate per causare il massimo danno ai manifestanti, i medici e i giornalisti che non pongono un’imminente minaccia alla vita, è semplicemente criminale”, ha commentato Higazi.

“Ancora una volta le autorità israeliane hanno mostrato un profondo disprezzo per la vita degli abitanti di Gaza. L’urgente bisogno di un embargo mondiale, che dunque coinvolga Usa e stati dell’Unione europea, non potrebbe essere più evidente. Gli stati hanno il dovere di applicare le Convenzioni di Ginevra, sospendendo i trasferimenti di armi che potrebbero contribuire a violazioni del diritto internazionale umanitario da parte di Israele.

Gli Usa, già principali fornitori di armi a Israele, si sono impegnati a fornire nei prossimi anni aiuti militari per un valore di 38 miliardi di dollari. Altri paesi – alcuni dei quali facenti parte dell’Unione europea come Francia, Germania, Italia e Regno Unito – hanno a loro volta approvato licenze per la vendita di grandi quantità di equipaggiamenti militari a Israele.

Nonostante Israele usi regolarmente armamenti per violare il diritto internazionale, nel 2017 gli stati membri dell’Unione europea hanno autorizzato 746 licenze per un valore di 758 milioni di euro.

Solo due licenze non sono state autorizzate e, di queste, solo una è stata respinta a causa di preoccupazioni sul rispetto del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani.

Amnesty International chiede inoltre l’attuazione delle raccomandazioni del rapporto della Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite. In particolare, il governo israeliano dovrebbe “rimuovere con effetto immediato il blocco contro Gaza” e indagare imparzialmente “su ogni uccisione e ferimento collegati alle proteste, secondo gli standard del diritto internazionale, per determinare se siano stati commessi crimini di guerra o crimini contro l’umanità con l’obiettivo di chiamarne a rispondere i responsabili”.

Da parte loro, le Nazioni Unite dovrebbero raccogliere informazioni sulle persone sospettate di aver commesso crimini di diritto internazionale e trasmetterle “ai meccanismi giudiziari nazionali e internazionali, compreso il Tribunale penale internazionale”.
Roma, 29 marzo 2019

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