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In quel decennio orribile che furono gli anni Novanta (iniziati con l’invasione del Kuwait e la successiva guerra all’Iraq e terminati con la guerra del Kossovo), nel 1994 ci fu quello che venne registrato come il genocidio più veloce della storia: all’incirca un milione di morti, in Ruanda, in nemmeno 100 giorni.
Quel vergognoso primato durò poco più di un anno, poiché nel luglio 1995, nel cuore dell’Europa, il nuovo genocidio più veloce della storia: oltre 10.000 musulmani di Bosnia sterminati dalle forze serbo-bosniache nella città di Srebrenica, in meno di una settimana.
Per il numero delle vittime, il paragone col Ruanda non regge. Per l’intenzione sì, confermata da sentenze internazionali del Tribunale penale per l’ex Jugoslavia e dalla Corte internazionale di giustizia, il cui rispetto imporrebbe di riconoscere ciò che accadde 23 anni fa e chiamarlo col suo nome: genocidio, né strage né massacro.
Srebrenica era un’anomalia: un’enclave a maggioranza musulmana in quella parte di Bosnia ormai del tutto “serbizzata“. Per far aderire sul campo i confini della “nuova” Bosnia, che sarebbero stati sanciti negli accordi spartitori di Dayton, occorreva mettere fine a quell’anomalia.
Tutti erano d’accordo che Srebrenica dovesse essere sacrificata, la Storia (non la giustizia, purtroppo) ci dirà se i leader internazionali dell’epoca erano consapevoli dell’intenzione genocida: quella che portò allo deliberato sterminio di tutti gli uomini (ragazzi inclusi) in età da combattimento.
A distanza di 23 anni, le donne di Srebrenica continuano a piangere i loro morti. Alcuni resti non si troveranno mai più.
Le autorità della Bosnia post-Dayton le hanno lasciate sole.
A Sarajevo, i governi di Turchia e Arabia Saudita cercano di fare proselitismo con l’intenzione di radicalizzare un Islam storicamente del tutto pacifico e tollerante. La giustizia internazionale ha chiuso i suoi lavori, l’Europa tace e il fronte filo-serbo fa opera di negazionismo.
A oltre 20 anni dal genocidio di Srebrenica e dalla fine della guerra nella ex Iugoslavia, le vittime delle sparizioni forzate non hanno avuto ancora accesso a verità, giustizia e riparazione.
Diverse centinaia di vittime di Srebrenica sono ancora disperse e il destino di oltre 8.000 persone in tutta la Bosnia-Erzegovina non è stato ancora chiarito.