Georgia: porre fine agli sgomberi forzati di sfollati

4 Agosto 2011

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‘Ci sentiamo completamente abbandonati da tutti’
Un sentimento condiviso dagli sfollati del conflitto negli anni Novanta e nel conflitto del 2008 in Georgia.

Il governo della Georgia deve porre fine agli sgomberi forzati di sfollati e fornire loro un alloggio adeguato, ha dichiarato oggi Amnesty International.

Nel rapporto pubblicato oggi e intitolato ‘Sradicati ancora una volta: sgomberi forzati di sfollati in Georgia’, l’organizzazione per i diritti umani descrive una serie di sgomberi forzati, effettuati tra giugno e agosto 2010 e nel gennaio del 2011, di persone che avevano trovato riparo in rifugi temporanei.

A seguito di una nuova ondata di sgomberi che hanno avuto inizio a Tbilisi nel luglio del 2011, Amnesty International sollecita le autorità della Georgia ad assicurare che non siano commessi gli stessi errori.

Nello tentativo di svuotare i rifugi temporanei nella capitale e fornire agli sfollati degli alloggi stabili, le autorità georgiane hanno ignorato le protezioni essenziali per gli sfollati e li hanno allontanati dalle reti di sostegno che avevano creato e dai mezzi di sussistenza‘ – ha dichiarato Natalia Nozadze, ricercatrice sulla Georgia di Amnesty International.

Sebbene la Georgia abbia considerato prioritario fornire alloggi adeguati a 247.000 persone sfollate dopo i conflitti degli anni Novanta e quello del 2008, gli sgomberi forzati eseguiti nell’ambito del piano d’azione del governo hanno violato gli obblighi internazionali della Georgia e hanno aggravato la situazione di molti sfollati.

Le persone sradicate da una guerra hanno bisogno di ambienti stabili per ricostruirsi una vita. Invece le autorità hanno aggiunto al loro senso di insicurezza sgomberi senza adeguata consultazione, senza notifiche né possibili di accesso a rimedi legali. In alcuni casi,  le autorità non sono riuscite a fornire un alloggio adeguato  alternativo alle persone sgomberate’ – ha proseguito Natalia Nozadze.

Gli sfollati rappresentato circa il sei per cento del totale della popolazione in Georgia. Molti non possono tornare nelle loro abitazioni e vivono in questa condizione da oltre un decennio; solo in pochi trovano lavoro e hanno un accesso, comunque ridotto, all’assistenza sanitaria e alla previdenza sociale.

Amnesty International continua a chiedere alle autorità delle regioni che si sono distaccate di rispettare i diritti degli sfollati della Georgia di ritornare alle loro case in sicurezza e dignità.

Se non è possibile nell’immediato un rientro sicuro, il governo deve attuare misure per integrare le famiglie sfollate nelle comunità locali, fornire loro un alloggio adeguato e accesso a mezzi di sostentamento affinché abbiano la possibilità di essere autosufficienti e di ritornare volontariamente alle loro abitazioni.

Tra giugno e agosto 2010 e gennaio 2011, oltre 1000 famiglie sfollate sono state sgomberate da rifugi temporanei e centri collettivi a Tbilisi. In diversi casi, gli sgomberi sono stati eseguiti senza adeguata consultazione e senza una notifica dello sgombero in anticipo, in tempi ragionevoli.

Nana, sgomberata dal suo rifugio temporaneo a Tbilisi nell’agosto del 2010, ha riferito ad Amnesty International:

Mi hanno detto di mettere le mie cose su un camion e andare via. Quando ho chiesto loro dove ci portavano, mi hanno detto che ci avrebbero messo a disposizione delle sistemazioni alternative a Potskho- Etseri, nella Georgia occidentale, vicino il confine con l’Abkhazia. Era la prima volta che sentivo parlare di quel posto‘.

Poskho- Etseri, dove 500 sfollati convivono coi residenti, è una località estremamente isolata e priva di strutture adeguate. L’insediamento, costruito per ospitare lavoratori edili durante l’epoca sovietica e da tempo abbandonato, è a 40 chilometri dalla vicina città di Zugdidi. Questa distanza rispetto ad altre comunità, a uffici comunali, a lavoro e ad altro rende estremamente difficile per le persone reinsediate sostenersi.

Irma, una donna sola madre di due bambini, sgomberata da Tbilisi nell’agosto del 2010 e reinsediata in un piccolo villaggio ad Abashispiri, nella Georgia occidentale, ha detto ad Amnesty International:

Mi sento molto sola e isolata qui, senza amici, parenti e persone su cui contare… la nostra unica fonte di sussistenza è lo scarso sussidio monetario che prendiamo. In città, facevo lavori in casa e lavoravo al mercato, qui in questa piccola città non c’è niente che io possa fare…’

Se gli sgomberi e il processo di reinsediamento non saranno svolti in linea con gli standard internazionali sui diritti umani e con il coinvolgimento informato delle persone colpite, le misure prese dalle autorità georgiane impediranno e non consentiranno l’integrazione economica e sociale degli sfollati con la comunità locale‘ – ha concluso Natalia Nozadze.