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In Giappone è stata eseguita all’alba del 27 giugno la prima condanna a morte dopo quasi tre anni: Takahiro Shiraishi, noto come “Twitter killer”, è stato impiccato dopo essere stato giudicato colpevole, nel 2020, degli omicidi di nove persone (otto donne e un uomo), conosciute sulla piattaforma social, commessi nel 2017.
È stata la prima esecuzione da quando, nell’ottobre 2024, si è insediato il governo del primo ministro Shigeru Ishiba e la prima in assoluto dal luglio 2022.
“Si è trattato di un grave passo indietro del Giappone dal punto di vista dei diritti umani. L’assoluzione, nell’ottobre 2024, di Hakamada Iwao – l’uomo che aveva trascorso il maggior numero di anni nel braccio della morte, quasi 50 – aveva fatto sperare in un cambiamento”, ha dichiarato Chiara Sangiorgio, consulente di Amnesty International sulla pena di morte.
“La segretezza sulla notifica delle esecuzioni rende l’applicazione della pena di morte in Giappone ancora più crudele. Chiediamo alle autorità giapponesi di introdurre una moratoria sulle esecuzioni in vista dell’abolizione della pena capitale e di commutare tutte le condanne a morte già emesse”, ha concluso Sangiorgio.
Oggi la pena di morte non è applicata in 144 stati, 113 dei quali l’hanno completamente abolita.