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Amnesty International ha condannato l’uccisione del noto giornalista Nahed Hattar, colpito a morte il 25 settembre all’esterno di un tribunale di Amman, la capitale della Giordania.
Hattar si stava recando in tribunale per rispondere delle accuse di ‘offesa alla religione’ e di ‘esasperazione dei sentimenti religiosi’, ai sensi delle rigide leggi sulla blasfemia in vigore in Giordania, dopo che aveva condiviso una vignetta satirica giudicata offensiva nel confronti dell’Islam.
L’11 agosto Hattar aveva postato su Facebook una vignetta ambientata in Paradiso nella quale si dileggiava un esponente dello Stato islamico. Aveva cancellato il post dopo 24 ore, precisando di non aver avuto intenzione di offendere i musulmani, ma era stato comunque arrestato il 13 agosto. Era stato trasferito nel centro di detenzione Marka, nella capitale Amman, e rilasciato su cauzione l’8 settembre dopo che tre precedenti richieste erano state respinte. Dal momento dell’arresto, secondo quanto hanno denunciato i suoi familiari, aveva iniziato a ricevere minacce di morte.
‘L’omicidio di un giornalista in pieno giorno getta una luce allarmante sullo stato della libertà d’espressione in Giordania. Usando le leggi sulla blasfemia per perseguitare una persona che aveva esercitato pacificamente il suo diritto alla libertà d’espressione, le autorità giordane hanno alimentato un clima in cui potremo assistere ad altre minacce violente contro persone ritenute portatrici di offese’ – ha dichiarato Philip Luther, del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
‘Le autorità giordane devono garantire che gli attacchi contro chi esprime pacificamente le sue idee, per quanto impopolari possano essere, non saranno tollerati. Devono impegnarsi a proteggere queste persone e ad annullare le leggi sulla blasfemia, che violano il diritto alla libertà d’espressione e possono contribuire ad alimentare un clima favorevole a nuovi attacchi’ – ha aggiunto Luther.
‘Chiediamo che chi ha ucciso Hattar sia processato, ma in modo equo e senza ricorrere alla pena di morte’ – ha sottolineato Luther.
‘Il fatto che Hattar fosse sotto processo e rischiasse una condanna solo per aver condiviso una vignetta controversa è di per sé un attacco alla libertà d’espressione. Nessuno dovrebbe essere imprigionato per aver condiviso una vignetta che non incita alla violenza, anche se qualcuno la giudica offensiva’ – ha concluso Luther.
L’avvocato di Hattar aveva segnalato possibili manifestazioni e disordini fuori dal tribunale. La famiglia aveva chiesto che quel giorno Hattar avesse una scorta ma nessuno l’ha assegnata. In molti sui social media hanno giustificato l’omicidio di quello che è stato definito ‘un infedele’.
I diritti alla libertà d’espressione, d’associazione e di riunione in Giordania sono fortemente limitati. Dal 2015 decine di giornalisti e attivisti sono stati arrestati sulla base delle norme che criminalizzano la diffamazione della religione, della monarchia e di altre istituzioni. Altre persone – tra cui sostenitori delle riforme, membri della Fratellanza musulmana e ancora giornalisti – sono stati processati ai sensi della legge antiterrorismo, modificata nel 2014, che consente di processare coloro che mettono a rischio le relazioni della Giordania con paesi ‘amici’. La procura generale della Giordania ha ordinato ai media locali di non occuparsi della vicenda.