“Dove sono?” La Giornata internazionale per le vittime di sparizione forzata

30 Agosto 2018

Tempo di lettura stimato: 12'

Le vittime di sparizione forzata sono persone che letteralmente vengono fatte scomparire dalle loro famiglie e dalle loro comunità. Vengono prelevate dalle loro case o in mezzo alla strada, in modo arbitrario e senza alcun mandato d’arresto, da funzionari dello stato o persone che operano col consenso di questi ultimi, i quali negano l’accaduto o rifiutano di dare informazioni. In alcuni casi le sparizioni chiamano in causa anche attori non statali, come i gruppi armati di opposizione. In ogni caso si tratta sempre di crimini di diritto internazionale.

Spesso non vengono mai rilasciate e il loro destino rimane sconosciuto. In assenza di informazioni sulla loro ubicazione e nell’impossibilità di contattare un avvocato, molte vengono torturate. Altre vengono uccise o vivono in prigionia nel costante terrore di essere uccise. Sanno che le loro famiglie non hanno la minima idea di dove si trovino e che difficilmente troveranno aiuto da parte di qualcuno.

Anche quando scampano alla morte e vengono rilasciati, gli scomparsi portano con sé ferite fisiche e psicologiche difficilmente rimarginabili.

Le sparizioni forzate violano una vasta gamma di diritti: alla sicurezza e alla dignità della persona, a non essere sottoposti a torture e ad altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, a condizioni umane di detenzione, alla personalità legale, a un processo equo, alla vita familiare e alla vita in quanto tale.

Le sparizioni forzate vengono spesso usate per seminare terrore. La sensazione d’insicurezza e di paura che generano non si limita solo ai parenti stretti ma colpisce la comunità d’appartenenza e la società nel suo complesso.

Un problema globale

Una volta erano per lo più appannaggio di dittature militari. Oggi le sparizioni forzate hanno luogo in ogni parte del globo e in una pluralità di contesti: conflitti interni, repressione politica, attività di gruppi armati di opposizione. A rischiare sono soprattutto i difensori dei diritti umani, i parenti degli scomparsi che si mettono alla loro ricerca, i testimoni e gli avvocati per i diritti umani.

Angoscia e pericoli per le famiglie

I parenti e gli amici delle persone scomparse entrano a poco a poco in una dimensione mentale di pura angoscia: non sanno se i loro figli, i loro genitori, i loro coniugi o i loro amici siano ancora vivi, se e dove siano detenuti, come vengano trattati. La ricerca degli scomparsi può comportare gravi pericoli per i familiari. Inoltre questi ultimi, non sapendo se un giorno i loro cari torneranno, vivono in un tempo sospeso.

Gli uomini vengono presi di mira le donne portano avanti la lotta

A livello globale, gran parte degli scomparsi sono uomini. Ma sono le donne che molto spesso portano avanti la lotta per la verità, anche per mesi o per anni: per questo vanno incontro a intimidazioni, persecuzioni e atti di violenza.

Per di più, solitamente la persona scomparsa è l’unico o il principale percettore di reddito. In questo senso,le sparizioni forzate portano alla rovina intere famiglie, soprattutto nei casi in cui le leggi nazionali non consentono di ottenere una pensione o altre forme di assistenza in assenza di un certificato di morte.

La Convenzione sugli scomparsi

La Convenzione internazionale per la protezone di tutte le persone dalle sparizioni forzate è entrata in vigore nel 2010 con l’obiettivo di prevenire le sparizioni forzate, scoprire la verità su quelle del passato e assicurare che sopravvissuti e familiari degli scomparsi ricevano giustizia, verità e riparazione.

Dove avvengono le sparizioni

Dal Messico alla Siria, dal Bangladesh al Laos, dalla Bosnia ed Erzegovina alla Spagna, dal Pakistan all’Egitto, dal Marocco al Pakistan, le sparizioni sono un problema del passato che getta ombra sul presente o un problema contemporaneo.

Egitto

Un rapporto di Amnesty International del luglio 2016 stimava che ogni giorni vi fossero in media tre, a volte quattro casi di sparizione forzata. Il picco si è registrato a partire dal maggio 2015, con la nomina a ministro dell’Interno di Magdy Abd el-Ghaffar, che in precedenza aveva fatto parte del Servizio per le indagini sulla sicurezza dello stato (Ssi), la famigerata polizia segreta dei tempi di Mubarak, responsabile di gravi violazioni dei diritti umani: è stata smantellata dopo la rivolta del 2011 ma solo per essere rinominata Agenzia per la sicurezza nazionale (Nsa).

Nei primi otto mesi di quell’anno, secondo la Commissione egiziana per i diritti e le libertà, le sparizioni forzate erano state 1250. Ma anche negli anni successivi, il fenomeno – pressoché sconosciuto nei decenni passati – è rimasto diffuso.

I “desaparecidos” comprendono studenti, attivisti politici e manifestanti, compresi 14enni, che spariscono nelle mani dello stato senza lasciare traccia.

Le modalità ricordano proprio quelle delle dittature sudamericane degli anni Settanta: arresti nottetempo, da parte di uomini in borghese che irrompono nelle abitazioni private, ma anche in pieno giorno, alla luce del sole, in luoghi pubblici; periodi di detenzione in centri non ufficiali; familiari che bussano alle porte dei ministeri, delle caserne, delle stazioni di polizia, delle prigioni chiedendo notizie e ricevendo dinieghi; e, non sempre, la “ricomparsa” di fronte a un giudice, coi segni delle torture ancora visibili, il quale decreta che il detenuto è comparso nei termini di legge, ossia 24 ore dopo l’arrresto.

Siria

Dal 2011 circa 82.000 persone sono state sottoposte a sparizione forzata, la maggior parte delle quali all’interno di un ampio sistema di centri di detenzione governativi. Oltre 2000 persone sono scomparse, invece, nelle mani dei gruppi armati di opposizione tra cui quello che si è autodenominato Stato islamico.

Di fronte alla brutalità e al bagno di sangue del conflitto siriano, la sofferenza di coloro che sono scomparsi nel nulla dopo l’arresto da parte delle autorità o sono stati rapiti dai gruppi armati passa purtroppo in secondo piano. Decine di migliaia di famiglie stanno disperatamente cercando di scoprire che fine abbiano fatto i loro cari. Nel giugno 2018 il governo ha confermato la morte di almeno 161 persone che erano scomparse nei primi mesi del conflitto.

Sri Lanka

Questo paese “vanta” uno dei più alti numeri di vittime di sparizione forzata al mondo: da 60.000 a 100.000 a partire dalla fine degli anni Ottanta.

Le sparizioni di massa di coloro che si sono arresi alla fine del conflitto interno è una chiara indicazione dell’istituzionalizzazione di questa prassi, compreso il diniego di informazioni alle famiglie da parte delle autorità statali.

Un piccolo passo avanti è stata, nel marzo 2018, l’adozione della lette sul reato di sparizione forzata. Ma il governo deve fare molto di più: ad esempio, aiutare le famiglie degli scomparsi a scoprire cosa è accaduto ai loro cari.

Argentina

Probabilmente, il caso più noto di sparizioni forzate di massa nel XX secolo è stata la cosiddetta “Guerra sporca” in Argentina. Durante la dittatura militare durata dal 1976 al 1983, le forze di sicurezza rapidono circa 30.000 persone, di molte delle quali non si sa ancora nulla.

Molte delle sparizioni forzate possono essere terminate in esecuzioni extragiudiziali, come attraverso i famigerati “voli della morte” in cui le persone venivano gettate vive in mare da aerei o elicotteri militari.

Amnesty International è da tempo impegnata in una campagna per la giustizia in favore delle vittime e la condanna dei militari e dei funzionari governativi implicati in questi crimini. Negli ultimi anni molti di essi sono stati processati e condannati dai tribunali del paese.

Zimbabwe

Gli scomparsi sono tutt’altro che meri numeri. Sono nomi e cognomi.

Itai Dzamara, giornalista e attivista per la democrazia, è scomparso il 9 marzo 2015 nella capitale Harare. In passato era stato preso di mira dalle forze di sicurezza, che lo avevano picchiato, arrestato e trattenuto arbitrariamente in detenzione. Dalla sua sparizione non è stata avviata alcuna indagine degna di questo nome per accertare la sua sorte, che a tutt’oggi rimane sconosciuta.

Sua moglie Sheffra ha raccontato ad Amnesty International cosa vuol dire cercare di scoprire cosa sia accaduto al marito:

“Vivere senza sapere dove sia la persona che ami ti riempie di dolore. Ogni giorno penso che tornerà o almeno che qualcuno mi venga a dire che l’hanno trovato. Soffro ogni volta che i miei figli mi chiedono dove sia papà, perché non ho una risposta. Temo che la vicenda di mio marito non sia stata presa sul serio dal governo. Desidero riconoscere il ruolo che Amnesty International sta avendo nel messere pressione sulle autorità affinché rilascino Itai. Voglio che la verità venga fuori. Devo poter rispondere ai miei figli. Sono ancora giovani. Loro devono sapere”.

La prima azione svolta dal nuovo segretario generale di Amnesty International, Kumi Naidoo, è stata scrivere una lettera alle nuove autorità dello ZImbabwe a proposito di Itai Dzamara.

Cosa fa Amnesty International

Svolgiamo campagne su centinaia di casi di sparizione forzata e continuiamo a chiedere ai governi di chiarire la sorte di tutte le persone scomparse in passato. In particolare chiediamo ai governi di:

  • svolgere indagini e, se vi sono prove sufficienti, processare i presunti autori di sparizione forzata in giudizi equi celebrati in tribunali ordinari senza ricorrere alla pena di morte;
  • introdurre il reato di sparizione forzata, commesso sia da agenti dello stato che da attori non statali o gruppi armati, e punirlo con pene adeguate alla sua natura paricolarmente grave;.
  • dare attuazione alla Convenzione e accettare la giurisdizione del Comitato sulle sparizioni forzate, il cui compito è ricevere e valutare comunicazioni dalle vittime o da parte delle vittime e da parte di stati membri della Convenzione;
  • assicurare che le persone sopravvissute e i parenti che hanno perso i loro cari ricevano riparazione del danno ricevuti – attraverso risarcimenti, riabilitazione e restituzione – e garantire che non si verifichino più sparizioni forzate;
  • abolire le leggi di amnistia e ogni altra misura d’impunità, come ad esempio i tempi di prescrizione