Giornata mondiale della libertà di stampa: panoramica di Amnesty International sui giornalisti sotto attacco

2 Maggio 2012

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In ogni parte del mondo, dal Pakistan alla Colombia, dal Messico al Sudan, dall’Europa Orientale al Medio Oriente, giornalisti e giornaliste sono vittime di minacce, intimidazioni, aggressioni, processi irregolari e omicidi per il solo fatto di svolgere il loro lavoro.

In vista della Giornata mondiale della libertà di stampa, Amnesty International ha diffuso una panoramica sugli attacchi contro i giornalisti.

Americhe

Dal Messico alla Colombia, da Cuba all’Honduras e al Venezuela, giornalisti che cercano di denunciare gli abusi di potere, le violazioni dei diritti umani e la corruzione subiscono frequentemente aggressioni e intimidazioni ad opera di pubblici ufficiali o di bande criminali.

Il Messico, e soprattutto il nord del paese, è uno dei luoghi più pericolosi del continente per chi esercita la professione giornalistica.

Il 28 marzo il corpo privo di vita di Regina Martinez è stato ritrovato nella sua abitazione di Veracruz. Giornalista del periodico Proceso, Martinez aveva scritto per oltre 30 anni di insicurezza, traffico di droga e corruzione. Le autorità locali hanno dichiarato che avrebbero indagato sul suo omicidio e il senato messicano ha approvato una nuova legge per proteggere i giornalisti e gli attivisti per i diritti umani che ricevono minacce di morte.

In Honduras, la giornalista e attivista per i diritti umani Dina Meza continua a ricevere minacce di violenza sessuale.

Africa

Questo continente ospita alcuni dei paesi più a rischio per i giornalisti.

In paesi come Etiopia e Gambia, giornali, siti Internet ed emittenti radiofoniche sono sottoposti a rigidi controlli.

Sempre in Etiopia, così come in Ruanda, Amnesty International segnala casi di giornalisti processati e condannati a lunghe pene detentive per aver criticato le politiche governative, aver dato conto di manifestazioni pacifiche o aver denunciato casi di corruzione ad alti livelli delle istituzioni.

In Sudan, le autorità stanno ricorrendo a nuove forme di repressione nei confronti della stampa indipendente, tra cui multe, sequestro e ritiro delle copie dei giornali appena stampate, divieto ai venditori di distribuire copie di determinate testate e incriminazione di direttori e giornalisti per vaghe accuse. Negli ultimi 12 mesi, sono stati chiusi 15 quotidiani, sequestrate le copie dei giornali in 40 occasioni e arrestati otto giornalisti.

In Gambia e Somalia, la situazione dei giornalisti è talmente grave che molti sono costretti ad andare in esilio; altri vengono arrestati. In Somalia, dal 2007, sono stati uccisi almeno 27 giornalisti, tre dei quali negli ultimi sei mesi, in attacchi mirati nella capitale Mogadiscio.

Ali Ahmed Abdi, giornalista di un portale Internet e di Radio Galkayo, è stato ucciso il 4 marzo da tre uomini armati nella città di Galkayo. Il 5 aprile, Mahad Saklad Adan, giornalista di Radio Shabelle, è stato assassinato a colpi di arma da fuoco a Beletweyne, nei pressi del confine con l’Etiopia. Nessuno è mai stato chiamato a rispondere alla giustizia per questi crimini.

Asia e Pacifico

Con almeno 15 giornalisti uccisi solo nel 2011, il Pakistan è uno dei paesi più pericolosi del mondo. Il 17 gennaio di quest’anno Mukarram Aatif, giornalista di Dunya TV e di Radio Deewa, è stato assassinato dai talebani pachistani durante la preghiera della sera nella città di Shabqada, nei pressi di Peshawar. Un portavoce dei talebani ha dichiarato che il gruppo aveva ammonito Aatif ‘parecchie volte a smetterla di scrivere cose negative sui talebani, ma non lo aveva fatto. Finalmente ha incontrato il suo destino’.

In Cina e in Sri Lanka, giornalisti e blogger lavorano in un clima di paura, sapendo che email e telefonate possono essere intercettate.

Nella maggior parte dei paesi della regione, le autorità non svolgono indagini adeguate sugli attacchi contro i giornalisti. Nelle Filippine, per esempio, dal 2010, sotto l’amministrazione Aquino, sono stati uccisi almeno 12 giornalisti e nessun responsabile è stato portato di fronte alla giustizia.

I giornalisti e gli attivisti online sono stati a loro volta presi di mira in vari paesi nel corso del 2011. In Cina, le autorità stanno cercando di stringere i controlli sui contenuti che i 513 milioni di utenti di Internet possono leggere e scrivere. I blogger che si occupano di temi politicamente sensibili vengono costantemente sorvegliati, convocati per interrogatori e minacciati dalle forze di sicurezza.

Europa e Asia Centrale

I regimi autocratici dell’ex Unione Sovietica si stanno aggrappando con forza al potere, soffocando il dissenso, imbavagliando le critiche e reprimendo le proteste.

In Bielorussia, continua il giro di vite avviato dopo le elezioni presidenziali della fine del 2010, con attivisti, oppositori e giornalisti ancora in carcere.

Il vento delle proteste del Medio Oriente e dell’Africa del Nord è arrivato anche in Azerbaigian, ma le autorità hanno reagito con durezza: nel 2011, 14 oppositori sono stati condannati a pene detentive e giornalisti e attivisti sono stati aggrediti, intimiditi e processati per false accuse.

I governi di Uzbekistan e Turkmenistan continuano a mettere a tacere le voci indipendenti.

In Russia, il quadro è complesso. Le manifestazioni più imponenti mai viste dal 1991 contro i presunti brogli elettorali sono state autorizzate e si sono svolte pacificamente. Iniziative più piccole e meno seguite, sono state interrotte e i partecipanti sono stati arrestati.

Medio Oriente e Africa del Nord

Mentre le rivolte del 2011 hanno ampliato lo spazio per la libertà d’espressione in Tunisia e Libia, restrizioni legali e di altro genere continuano a limitare in modo pervasivo l’azione dei giornalisti. In Iran, le autorità continuano a imporre forti restrizioni all’uso di Internet e hanno creato un nuovo strumento di repressione, la cyberpolizia. In Arabia Saudita sono state introdotte nuove sanzioni per chi pubblica materiale giudicato offensivo o in contrasto con le leggi della sharia.

Gli attacchi contro giornalisti e blogger sono rimasti frequenti e molti di loro sono stati vittime di arresti arbitrari, torture e attacchi nelle rivolte in Tunisia, Egitto, Bahrein, Siria e Yemen, così come nel conflitto della Libia. Giornalisti e blogger sono finiti agli arresti in Egitto per aver criticato le autorità militari, mentre in Tunisia operatori dell’informazione sono stati incriminati per disturbo all’ordine pubblico od offesa alla morale.

Giornalisti e scrittori sono stati perseguitati per aver espresso critiche nei confronti delle autorità anche in Iran, Iraq, Giordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e nei Territori Palestinesi Occupati.

La repressione nell’era digitale
Il brano ‘Toast to Freedom’