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Il 17 novembre si celebra la Giornata mondiale della tolleranza. Per questa occasione, Marco Perolini, ricercatore di Amnesty International, ha parlato con alcune famiglie che sono state vittime di minacce e aggressioni razziste in Germania.
‘Ormai non esco più senza mio marito, sono troppo spaventata. Passiamo tutto il tempo in casa. Le persone mi guardano sempre male solo perché porto il velo e sono straniera. Qui mi sento davvero rifiutata‘.
‘J’ (non è possibile rivelare il suo vero nome) è una donna palestinese, proveniente dal Libano, che vive a Hoyerswerda, una cittadina della Germania orientale prossima al confine con la Polonia. In questa città, è una delle pochissime donne a indossare il velo. All’inizio di quest’anno stava portando i suoi due figli dal medico quando due uomini in auto l’hanno avvicinata e, gridandole insulti, le hanno lanciato una bottiglia di birra.
‘Non mi sento al sicuro’
La sua storia non è affatto l’unica. Un’altra donna con cui ho parlato, ‘S’, è scappata in Germania dall’Iraq con i suoi tre bambini. Vivevano in una struttura attrezzata per i richiedenti asilo finché un uomo ha cercato di entrare nell’edificio. ‘Non mi sento al sicuro qui’, mi racconta. ‘Non porto i bambini al parco da sola e ho l’impressione che le persone in città siano veramente ostili, forse perché non sono tedesca’.
Lo scorso anno, alcuni progetti per realizzare alloggi per richiedenti asilo a Hoyerswerda hanno scatenato l’aperta ostilità dei residenti. Dopo i noti disordini razzisti del 1991, gruppi di estrema destra sono rimasti attivi in città ed è stata organizzata una campagna coordinata on-line per fare in modo che l’edificio non potesse mai entrare in funzione.
‘C’è molta disinformazione”Abbiamo risposto immediatamente‘, racconta Maruska, l’appassionata responsabile di un gruppo della comunità locale attivamente impegnato a impedire il ripetersi dei disordini del 1991. ‘Abbiamo coinvolto le autorità locali e organizzato incontri pubblici per discutere sul tema. C’è molta disinformazione sui richiedenti asilo. Molte persone pensano che siano dei privilegiati e io continuo a tentare di far capire che è esattamente l’opposto‘.
In tutta la Germania, gruppi di estrema destra hanno inscenato centinaia di proteste contro gli alloggi per i richiedenti asilo. In parte queste proteste sono dovute all’aumento del numero persone che cercano asilo nel paese. Ma il numero di rifugiati qui è ancora relativamente basso – in Germania ci sono 2,32 rifugiati ogni 1000 persone, nulla in confronto ai 200 su 1000 del Libano e ai 100 della Giordania.
‘Qui non ho diritti’
La situazione della Germania riecheggia anche nel resto d’Europa. La violenza contro le minoranze, alimentata da intolleranza e pregiudizio, si sta verificando con troppa frequenza. Spesso le vittime di crimini motivati dall’odio faticano a ottenere giustizia e le autorità non riconoscono il movente razzista che li scatena. In alcuni casi sono gli stessi funzionari statali, inclusa la polizia, a prendere di mira le minoranze con violenza.
A luglio ho incontrato Marwan, un rifugiato siriano che vive a Sofia, in Bulgaria, che nel dicembre 2013 è stato violentemente aggredito. ‘Sono venuto in Bulgaria per sfuggire alla morte in Siria, ma qui non ho diritti. Sono stato pestato e ho quasi perso un occhio – ma le autorità non vogliono saperne del mio caso’.
Perché possano esserci cambiamenti, l’Europa ha bisogno di maggiori iniziative da parte delle comunità locali, come sta facendo il gruppo di Maruska a Hoyerswerda. Ma nessuna iniziativa locale può avere successo se non è accompagnata da un più ampio dibattito sul razzismo e sulla discriminazione. E i governi devono garantire che i crimini motivati dall’odio vengano riconosciuti come tali.