Giustizia per Daphne

30 Gennaio 2020

Tempo di lettura stimato: 2'

di Corinne Vella, sorella di Daphne Caruana Galizia

Era un normale giorno lavorativo prima che tutto accadesse. Il mio telefono ha squillato e ho visto che era mio nipote. Quando ho risposto mi ha detto soltanto: “Devi venire adesso, c’è stata una bomba!“.

Daphne Caruana Galizia era mia sorella. Amava i libri, l’arte, amava le cose belle. È diventata molto velocemente una giornalista. Usava il suo vero nome, di solito le persone come lei non lo fanno. Lei diceva di non avere paura. Ha rilasciato un’intervista 10 giorni prima di morire e ha parlato onestamente perché non pensava venisse pubblicata.

Diceva che ogni mattina si alzava con l’ansia di cosa le sarebbe successo in futuro, riferito alle indagini che stava seguendo. Lei non lavorava in un ambiente normale.

Per anni Daphne ha subìto numerose minacce e intimidazioni. Più volte le hanno ucciso i cani, la prima volta quando i suoi bambini erano piccoli. Hanno dato fuoco alla sua casa due volte. Il secondo attacco è stato orribile perché progettato per ucciderla; la famiglia era in casa, dormivano.

E, alla fine, è stata uccisa. Il mio telefono ha squillato. Non ho chiesto quando è stato e lei dove fosse, non ho chiesto niente, ho preso le chiavi e sono corsa. Sono arrivata in 10 minuti. Là mi hanno bloccata perché la strada era chiusa. Stavano ancora spegnendo il fuoco.

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