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In risposta alla notizia che le autorità militari di Myanmar hanno concesso la grazia a 2.153 prigionieri detenuti in base a una legge che rende illegale incoraggiare il dissenso contro l’esercito, il vicedirettore per le campagne di Amnesty International sull’Asia, Ming Yu Hah, ha dichiarato:
“Questo provvedimento, lungamente dovuto, dovrebbe segnare il primo passo verso l’immediata scarcerazione di tutte le persone arrestate arbitrariamente per aver esercitato i loro diritti fondamentali di libertà di espressione e di riunione pacifica o altri diritti umani. Amnesty International è profondamente preoccupata per le altre migliaia di persone che sono ancora ingiustamente detenute nelle prigioni di tutto il paese, dove subiscono torture e altri maltrattamenti”.
“Chiunque sia stato imprigionato per essersi pacificamente opposto al colpo di stato militare, innanzitutto, non avrebbe mai dovuto essere incarcerato. Coloro che sono stati scarcerati dovrebbero ricevere il necessario supporto medico, psicologico e sociale che li aiuti a riprendersi dai traumi subiti. Il dissenso pacifico non è un crimine, è un diritto umano”.
I detenuti scarcerati erano stati accusati e condannati in base a una legge usata dall’esercito appositamente per sopprimere il dissenso. La giunta militare ha fatto sapere che, in caso di ripetizione del presunto “crimine”, i detenuti saranno nuovamente imprigionati: ciò ha suscitato preoccupazione tra coloro che desiderano esercitare i propri diritti e le proprie libertà fondamentali.
Il 3 maggio la giunta militare di Myanmar ha concesso la grazia a 2.153 prigionieri che stavano scontando una condanna ai sensi della sezione 505(a) del codice penale. La legge criminalizza l’espressione del dissenso contro i militari ed è stata ampiamente applicata dal colpo di stato del 1° febbraio 2021.
La giunta ha dichiarato che la grazia è stata concessa per motivi “umanitari”, in occasione di una festività buddista, ma chi avesse di nuovo commesso lo stesso crimine sarebbe stato nuovamente incarcerato. Non sono stati forniti i nomi delle persone scarcerate.
Secondo l’Associazione per l’assistenza ai prigionieri politici, dal colpo di stato del 1° febbraio 2021 le forze armate di Myanmar hanno arrestato più di 21.000 persone, 17.000 delle quali ancora in carcere. Tra i detenuti ci sono molti alti dirigenti del governo civile spodestato, così come giornalisti, difensori dei diritti umani e operatori sanitari.
Dal colpo di stato del 1° febbraio 2021, Amnesty International ha documentato diffuse violazioni dei diritti umani, tra cui crimini di guerra e possibili crimini contro l’umanità, nell’ambito della repressione dell’opposizione da parte dei militari in tutto il paese.
Il rapporto “15 giorni percepiti come 15 anni”, pubblicato da Amnesty International nel 2022, ha documentato la situazione dopo il colpo di stato all’interno delle prigioni e dei luoghi per gli interrogatori, dove torture e maltrattamenti sono regolarmente usati per punire il dissenso.