Grazie – La storia di una prefazione di Luis Sepùlveda

16 Giugno 2020

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Ricordo di Davide Cavazza, attivista ed ex campaigner di Amnesty International Italia

Era il 2000. Venti anni fa. La Sezione italiana di Amnesty International stava pianificando, insieme al movimento internazionale, una nuova campagna mondiale contro la tortura. I colori erano il giallo e il nero. Curiosamente qualche anno dopo sarebbero diventati identitari dell’immagine di Amnesty, che proponeva la propria candela e le proprie campagne in modi sempre diversi. A un meeting internazionale a Londra chiesi se non sarebbe stato utile per il movimento avere un pantone riconoscibile – come il ciano dell’UNICEF, il verde di Greenpeace, il rosso e bianco di Croce Rossa, Save the Children, Medici Senza Frontiere. Un capo del Segretariato internazionale mi rispose che quella non era una scelta importante. Cambiarono idea. Appena qualche anno dopo il giallo Amnesty avrebbe connotato come un marchio di fabbrica ogni azione, mobilitazione, campagna dell’organizzazione.

Ero diventato Campaign Coordinator nel 1999, quando per la prima volta la Sezione italiana si dotò di questa figura a Staff: dopo nove anni di volontariato da attivista – per il Gruppo 182 di San Lazzaro di Savena, la Circoscrizione Emilia Romagna, la Commissione Azioni – era il momento per me e per tanti di un impegno maggiore. Affrontammo la campagna con grande vigore: l’elemento unificante era un nastro giallo e nero che perimetrava le Torture free zones, luoghi nei quali parlavamo di tortura, ascoltavamo testimonianze, invitavamo a firmare i nostri appelli, lanciavamo proposte per l’agenda politica come l’introduzione del reato di tortura, assente dal codice penale. Stavamo crescendo, potenziando la quantità e la qualità della nostra azione per i diritti umani.

Il mio compito era costruire la campagna: coinvolgere, attivare, sostenere diversi gruppi di professionisti e volontari. Volevamo partire forte, con tutti gli strumenti pronti: libri, briefing, appelli, materiali divulgativi, schede delle vittime di tortura nei paesi del mondo, cartella stampa, gruppi allineati, coordinamenti a tema e geografici pronti all’impegno, enti locali coinvolti dai Gruppi Amnesty, giornalisti allertati, parlamentari contattati, un programma in 12 punti per la prevenzione della tortura. Mettemmo sul piatto tutte le nostre potenzialità, provando a corroborare con un coraggio sfrenato i nostri sogni, per provare a cambiare le cose. Il calendario d’azione prevedeva delle Giornate di mobilitazione scolpite nel cuore degli amanti dei diritti umani: 20 novembre, 10 dicembre, 8 marzo, 28 maggio, 26 giugno.

Tra i sogni, l’idea di un libro speciale. Il direttore della Raccolta Fondi Andrea Antenucci aveva contatti con Rizzoli Libri Illustrati, così immaginammo un volume come non si era mai visto nel Non profit italiano. Un grande editore, un grande partner come Contrasto che poteva fornirci le foto dell’archivio della Magnum (James Natchway, Raymond Depardon, Patrick Zachmann, Gilles Peress, Alex Majoli, Ken Light), Aragorn Iniziative al nostro fianco nella promozione della campagna. Una squadra di Staff composta da Riccardo Noury come curatore e redattore del testo, Giancarlo Gamberini al progetto grafico e i redattori delle diverse parti del volume: l’esperto di diritto internazionale Antonio Marchesi, già presidente, il vice presidente Marco De Ponte, il presidente Daniele Scaglione, il critico cinematografico Sergio Di Giorgi, i tecnici in medicina, pena di morte, storia e commercio di armi Anteo Di Napoli, Andrea Taviani, Laura Giovanelli, Valentina Piattelli e Marita Villa. Il titolo sarebbe stato lo stesso della campagna: Non sopportiamo la tortura. – suggeritoci dalla nostra Agenzia, Bates Italia.

Ci accorgemmo che il rapporto con un editore di quel livello era più che impegnativo: scadenze assai ravvicinate da rispettare per la consegna dei testi, standard elevati nella scelta di materiali e grafica, pignola revisione editoriale. Specialmente Riccardo, Giancarlo e io eravamo tanto concentrati sull’obiettivo quanto vagamente consapevoli che stavamo alzando l’asticella a un livello mai sperimentato prima. Rizzoli chiese anche una prefazione di grido che potesse completare il volume.

Con la stessa faccia tosta (o follia) che ci aveva portato fin lì immaginammo il nome di Luis Sepùlveda. Un brillante obiettore di coscienza appartenente alla comunità cilena di Roma che prestava sevizio in sede nazionale, Pablo Rojas, procurò il contatto. Così scrissi a Sepulveda spiegandogli il progetto, chiedendogli la prefazione, aggiungendo che sia per noi che per Rizzoli il suo contributo era ritenuto decisivo per l’uscita stessa del volume. Lui mi rispose che andava bene e di indicargli la data di consegna. Così feci, sperticandomi in ringraziamenti. Poi, per mesi, il silenzio. Il giorno prima della consegna, già posticipata qualche volta, lasciai a Sepùlveda un messaggio, disperato, nella sua segreteria telefonica, e una ulteriore mail.

Ricordo perfettamente quella mattina. Andai in ufficio pronto alla disfatta, immaginando una spiegazione ancora diversa da quelle fornite nelle settimane precedenti, alla quale la casa editrice mi avrebbe inchiodato. Avevamo osato troppo. Pensai a come lo avrei raccontato a Pietro Antonioli, la persona che più fortemente aveva immaginato il campaigning, gettato le basi organizzative, scelto le persone. Aprii la posta elettronica sicuro di trovarci l’ennesimo sollecito, l’ultimo, senza appello. Il tempo era scaduto, proprio come nei miei incubi ricorrenti. E invece lampeggiò quella mail. Un testo in allegato, poche parole: scusa per il ritardo, un forte abbraccio! Luis.

Ricordo l’emozione di Daniela Carboni che la tradusse, le lacrime di Laura Landi, la commozione di Patrizia Vita, lo stupore degli altri componenti dello Staff che lessero in anteprima il testo, la gioia di Riccardo e Giancarlo, la soddisfazione della Casa Editrice. Fu una giornata memorabile.

Vendemmo molte copie, le Circoscrizioni ne ordinarono migliaia, altrettanto buono fu il risultato in libreria. Questo ci consentì di proseguire la collaborazione con Rizzoli Libri Illustrati e la collana si arricchì di altri duevolumi, sui temi del razzismo e dei diritti delle donne, curati da Valentina Piattelli e da Gina Gatti, con le prefazioni di Moni Ovadia e Dacia Maraini.

Senza quel “Grazie” di Luis Sepùlveda regalato alla Sezione italiana di Amnesty International, molti meno cuori avrebbero palpitato per i diritti umani, esortati dal suo esempio, dalla sua determinazione, dal suo amore per la giustizia e per la libertà. Grazie, Luis!