Refugees on the island of Chios, Greece, 28 November, 2016. Souda camp on the Greek island of Chios. Conditions in Souda camp were dire particularly for people who as a result of overcrowding slept in tents exposed to low temperatures and heavy rain. Many refugees including vulnerable families slept in tents next to the beach. The refugees interviewed spoke of a lack of heating or insufficient heating and hot water and their security fears stemming either from fights between different nationalities or racist attacks by members of far-right groups on Chios. The majority of people stranded in Chios arrived after the 20 March 2016 following the implementation of the EU Turkey deal which foresees the return of refugees to Turkey. While their asylum claim is reviewed they are not allowed to leave the island. More than 4,000 refugees and migrants are stranded on the island, the majority living in dire conditions.
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Nell’aprile 2013 alcuni vigilantes di un’azienda di produzione di fragole di Manolada, nella Grecia meridionale, aprirono il fuoco contro 42 lavoratori del Bangladesh che reclamavano il pagamento del salario. Trenta di loro rimasero gravemente feriti.
Ci siamo recati sul posto, verificando l’esistenza di condizioni di lavoro agghiaccianti: decine di lavoratori migranti, alcuni dei quali minorenni, vivevano ammassati in alloggi fatiscenti, senza acqua potabile né servizi igienici.
Ventuno dei 30 lavoratori feriti decisero di rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti Umani. Il 30 marzo, con la sentenza Chowdury e altri contro la Grecia, la Corte ha dato loro ragione. La sentenza è chiara: 42 lavoratori migranti del Bangladesh furono vittime di traffico di esseri umani e vennero sottoposti a lavoro forzato nell’azienda di Manolada. La Grecia non rispettò i suoi obblighi di contrastare il traffico di esseri umani e di proteggere i lavoratori migranti, nonché di svolgere un’indagine sull’episodio in cui furono coinvolti e di punire i responsabili.
Ora sta alla Grecia impedire che quei fatti orribili di quattro anni fa si ripetano ancora.
Le buone notizie di Amnesty International sono anche su Pressenza.