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Hafez Ibrahim aveva 16 anni quando ha partecipato a un matrimonio nella sua città natale a Ta’izz, nello Yemen. L’ambiente era festoso e molti degli uomini presenti erano armati. A un certo punto, gli animi si surriscaldarono e i festeggiamenti degenerarono in una rissa; partì un colpo e un uomo fu ucciso.
Per l’omicidio fu condannato a morte un incredulo Hafez, che non ebbe la possibilità di ricorrere in appello. Il 29 ottobre 2007, dopo essersi procurato un cellulare nel centro di detenzione di Ta’izz, inviò un disperato sms a Lamri Chirouf, ricercatore di Amnesty International che risiede e lavora in Gran Bretagna e che si occupa dello Yemen. Il messaggio diceva: “Fratello Lamri, stanno per mettermi a morte. Per favore, contattami“.
“Eravamo scioccati da questa notizia e immediatamente abbiamo lanciato appelli al presidente e alle autorità dello Yemen”- ha detto Lamri. “Abbiamo mobilitato i nostri sostenitori e diffuso un’azione urgente in favore di Hafez“.
Il presidente dello Yemen ha risposto alla nostra mobilitazione ordinando una sospensione dell’esecuzione, per dare il tempo necessario a ottenere il perdono dalla famiglia della vittima. Quest’ultima, però, non perdonò Hafez, e pertanto fu fissata una nuova data per l’esecuzione, l’8 agosto 2007. Amnesty International si appellò nuovamente al presidente yemenita, che decretò un’ulteriore sospensione dell’esecuzione di tre giorni. A quel punto la famiglia della vittima accettò di rinviare l’esecuzione fino al termine del mese sacro del ramadan. Il 30 ottobre 2007, dopo che la famiglia della vittima decise finalmente di perdonare Hafez in cambio di un risarcimento (diya), fu rilasciato.
Oggi frequenta il terzo anno della facoltà di legge dell’Università di Sana’a. Nel marzo 2010, dopo un toccante incontro con Lamri nello Yemen, ha spiegato la sua ferma intenzione di vivere al meglio quella vita che gli era stata restituita: “Devo la mia vita ad Amnesty International. Ora voglio dedicare la mia vita a combattere la pena di morte e promuovere la consapevolezza dei diritti umani“.