Studenti di Hong Kong: “Ecco perché stiamo ancora protestando”

13 Settembre 2019

Amnesty

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Questa estate, un gran numero di studenti e studentesse, universitari e delle scuole superiori, è sceso in piazza a Hong Kong. Rischiando arresti e affrontando con coraggio lacrimogeni, spray al peperoncino e proiettili di gomma, hanno marciato giorno dopo giorno per rivendicare i loro diritti.

Il 4 settembre, la governatrice di Hong Kong Carrie Lam ha annunciato il ritiro formale dell’Extradition Bill, il disegno di legge che aveva scatenato le proteste perché avrebbe permesso l’estradizione forzata in Cina. Ma questa è solo una delle “cinque richieste” da cui ha preso le mosse il movimento.

I manifestanti vogliono che il governo non definisca più le loro proteste “sommosse”; chiedono un’indagine indipendente sull’uso della forza da parte della polizia; la liberazione incondizionata di tutte le persone arrestate durante e a seguito delle manifestazioni. Gli studenti vogliono anche una riforma che garantisca un suffragio universale autentico per l’elezione dei leader di Hong Kong – come stabilito dalla mini Costituzione della città.

Per comprendere meglio le ragioni che spingono il movimento a non fermarsi ora abbiamo ascoltato tre protagonisti di queste proteste.

Per comprendere meglio le ragioni che spingono il movimento a non fermarsi ora abbiamo ascoltato tre protagonisti di queste proteste.

Joey

Mi chiamo Joey Siu, sono vicepresidente del comitato studentesco della mia università. Pensavo che avrei trascorso le vacanze estive con mia nonna, che non riesco a vedere spesso durante il resto dell’anno. Avevo anche intenzione di fare un viaggio: le solite cose che fanno gli studenti universitari durante la pausa.

Non è andata così: sono stato impegnata nelle manifestazioni e ho partecipato alla protesta per tutto il periodo estivo. Credo che, in quanto studenti, sia nostro dovere prendere parte a queste manifestazioni. Chi ha tempo e risorse per farlo ha anche l’obbligo di lottare per difendere i diritti umani e la democrazia ad Hong Kong.

La reazione della polizia è stata terribile. Il 12 giugno per la prima volta mi sono trovata a fronteggiare i gas lacrimogeni. È stata una giornata davvero spaventosa. Stavo cercando di distribuire del materiale protettivo ai manifestanti quando improvvisamente la polizia ha iniziato il lancio dei gas. Non riuscivo a trattenere le lacrime e respiravo a stento. Alcuni manifestanti sono stati picchiati dalla polizia per aver preso parte alle proteste. Questo è il motivo per cui è necessaria un’indagine indipendente sulle azioni delle forze dell’ordine, ed è questa una delle ragioni per le quali non arretreremo.

I cittadini di Hong Kong sono davvero arrabbiati, sentiamo che non c’è possibilità di tornare indietro quindi dobbiamo continuare a lottare per i nostri diritti. Anche se il governo ha ritirato la legge sull’estradizione, stiamo ancora aspettando le risposte alle nostre altre richieste.

Molti componenti della mia famiglia non sapevano del mio ruolo nel movimento finché non mi hanno visto in una conferenza stampa in televisione. Sono molto preoccupati per me, quindi a volte preferisco non dire loro cosa sto facendo. Quando i miei genitori hanno visto la violenza della polizia, mi hanno chiesto di farmi da parte, ma ovviamente non posso farlo.

Non riesco a immaginare in che modo si concluderà questa lotta e nemmeno cosa accadrà domani. Possiamo solo sperare nel meglio e continuare ad essere un movimento “liquido” nel rispetto di tutti i nostri concittadini.

Mickey

Mi chiamo Mickey. Ho 17 anni e frequento il mio ultimo anno di liceo.

Non avrei mai immaginato di vedere un milione di persone che marciavano insieme – è stato davvero sorprendente.
Potrei scegliere di non stare in prima linea, ma sono sempre lì per manifestare il mio sostegno. Prendo anche parte agli scioperi in classe e spero possa essere un modo per esercitare maggiore pressione sul governo.

Anche se Carrie Lam ha annunciato il ritiro della legge sull’estradizione, continueremo a protestare e scioperare fino a quando anche le altre nostre richieste saranno prese in considerazione. Questo movimento è diventato qualcosa di molto più grande di una semplice protesta contro un disegno di legge e il modo con cui la polizia ha reagito ha sottolineato la necessità che le cose cambino.

La prima volta che ho visto i manifestanti picchiati dalla polizia è stata la notte in cui abbiamo occupato l’ingresso del Consiglio legislativo. Il mio cuore sobbalza ancora ogni volta che vedo la polizia correre verso di noi. A volte ho paura di essere arrestato ma sono determinato a non fermarmi ora. I cittadini di Hong Kong sono davvero arrabbiati e la cosa migliore che possiamo fare è continuare a trasformare la rabbia in protesta.

Per comprendere meglio le ragioni che spingono il movimento a non fermarsi ora abbiamo ascoltato tre protagonisti di queste proteste.

Suki

Mi chiamo Suki e studio infermieristica all’università cinese di Hong Kong. Oltre a manifestare, ho fornito il primo soccorso alle persone colpite dai gas lacrimogeni.

Non dimenticherò mai uno studente di 15 anni che era a malapena in grado di respirare dopo aver inalato i gas. La cosa incredibile è stata che dopo una breve pausa ha indossato le protezioni e ci ha detto che sarebbe tornato in prima linea.

Nel 2014 avevo preso parte alle proteste del Movimento degli Ombrelli e ogni tanto andavo alle veglie per commemorare la repressione di Piazza Tiananmen ma non avevo mai partecipato a una manifestazione. Quando il governo ha annunciato la volontà di introdurre una legge sull’estradizione, ho capito che in futuro avrei potuto perdere i miei diritti a riunirmi e a esprimere la mia opinione, che avevo sempre dato per scontati. Per questi motivi, il 9 giugno, sono scesa in strada per la prima volta, insieme a un milione di altre persone.

Alcuni giorni dopo ho partecipato insieme ad altri amici a un raduno pacifico. Mi ha sorpreso vedere così tante persone non arrendersi, nonostante tutti ci sentissimo impotenti perché il governo non ascoltava le nostre richieste.

Il 16 giugno eravamo più di due milioni di persone. L’unica cosa che sapevo è che avrei continuato ad andare alle manifestazioni e che avrei usato le mie conoscenze infermieristiche per dare primo soccorso alle persone che erano state ferite.

In molti si chiedono come finiranno queste proteste e la verità è che non lo sappiamo. Tutto quello che so è che dobbiamo andare avanti. Il ritiro della legge sull’estradizione non è sufficiente: questo movimento ha dimostrato che siamo in tanti a Hong Kong a volere cambiamenti radicali. I nostri diritti umani sono minacciati e dobbiamo restare uniti per difenderli.