Il Consiglio d’Europa condanna la Polonia: non contrasta la violenza sulle donne

16 Settembre 2021

Tempo di lettura stimato: 3'

In un rapporto diffuso il 16 settembre, il Consiglio d’Europa ha condannato la Polonia poiché non previene né contrasta adeguatamente la violenza contro le donne e le ragazze.

Il rapporto è stato redatto dal Gruppo di esperti sull’azione contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, che monitora l’attuazione della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne.

“Questo rapporto conferma quello che le donne e le ragazze polacche sanno fin troppo bene: che l’attitudine profondamente misogina del loro governo le pone, ogni giorno che passa, sempre più a rischio di subire violenza”, ha dichiarato Monica Costa Riba, campaigner di Amnesty International sui diritti delle donne in Europa.

“La mancanza di protezione adeguata per le vittime della violenza, una cultura che tende a incolparle per la violenza subita, leggi antiquate e impunità costituiscono una miscela drammatica. Invece di affrontare questo urgente problema, ad esempio adottando una definizione del reato di stupro basata sul criterio del consenso, i legislatori polacchi stanno minacciando di rendere il paese ancora meno sicuro per le donne e le ragazze, come attraverso la proposta di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul in favore di una nuova legge sui ‘diritti della famiglia’ che limiterebbe l’uguaglianza di genere e i diritti delle persone Lgbti”, ha proseguito Costa Riba.

Il rapporto del Consiglio d’Europa sollecita la Polonia a riformare la sezione del codice penale riguardante i reati sessuali “incorporando la nozione del consenso dato liberamente e assicurando sanzioni adeguate per tutti gli atti sessuali compiuti senza il consenso della vittima”.

Il rapporto mette inoltre in luce le difficoltà delle donne polacche nell’interrompere gravidanze a seguito di uno stupro, sebbene proprio lo stupro sia previsto dalla legge come motivo per ricorrere all’aborto. Le donne vanno incontro a ogni sorta di ostacolo quando devono ottenere un rapporto d’indagine che certifichi il sospetto che la gravidanza sia la conseguenza di un atto criminale e quando cercano informazioni e riferimenti sui servizi di medicina che effettuino aborti legali. Queste procedure dovrebbero essere introdotte e applicate anche quando i medici rifiutano di eseguire aborti per motivi di coscienza.