Il coraggio di Serkalem Fasil

19 Dicembre 2007

Serkalem Fasil, suo figlio Nafkot, e il marito Eskinder Nega

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Ogni anno, la Fondazione internazionale della stampa femminile conferisce il premio “Coraggio nel giornalismo” a quelle operatrici del mondo dell’informazione che hanno dimostrato una straordinaria forza di carattere e professionalità nel loro lavoro, in circostanze difficili o pericolose. Serkalem Fasil, giornalista etiope di 27 anni, co-proprietaria ed editrice dei settimanali “Asqual”, “Menelik” e “Satenaw”, ha vinto questo premio nell’ottobre 2007.

Arrestata nel novembre 2005, Fasil era stata accusata di tradimento e di vilipendio alla Costituzione per aver pubblicato sui suoi giornali alcuni articoli che criticavano la condotta del governo etiope durante le elezioni parlamentari del maggio 2005. Al momento dell’arresto Fasil era incinta, ma nonostante questo venne duramente picchiata dalla polizia. A giugno del 2006, mentre era detenuta nella prigione Kaliti di Addis Abeba, Fasil diede alla luce suo figlio, Nafkot, nato prematuro e sottopeso a causa delle dure condizioni carcerarie e della mancanza di cure mediche nella prigione. Nonostante i medici avessero raccomandato il trasferimento urgente del neonato in una struttura ospedaliera, le autorità le negarono il permesso di accompagnarlo e la donna fu costretta a prendersi cura di suo figlio in una cella infestata da topi e insetti.

Dal momento del suo arresto Amnesty International ha portato avanti una campagna mondiale per il suo rilascio e grazie alla pressione internazionale, il 9 aprile 2007 l’Alta corte federale di Addis Abeba l’ha scagionata da tutti i capi d’accusa.

Come segno di gratitudine verso AI, Fasil ha deciso di devolvere all’associazione il premio in denaro conferitole dalla Fondazione. Queste le sue parole di ringraziamento: «Una volta i diritti umani erano considerati una cosa strana nei paesi occidentali. Ora paesi retti da regimi dittatoriali come quello etiopico dicono che il discorso dei diritti umani è il tentativo dell’Occidente di intromettersi nelle società non occidentali. Respingo ogni tentativo di manipolare le organizzazioni internazionali per i diritti umani, da parte del mio paese e di strumentalizzare le nostre differenze nazionali, religiose e culturali. Rivendico l’importanza dell’azione di questi organismi. Non ho dubbi sul ruolo determinante di Amnesty International in tutta questa storia».