Il Governo di unità nazionale della Libia non deve legittimare milizie e gruppi armati

6 Agosto 2021

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Un nuovo rapporto di Amnesty International sulla Libia ha accusato l’Agenzia per la sicurezza interna (Asi), una coalizione di potenti gruppi armati attivi nell’est del paese, di orribili violazioni dei diritti umani – tra cui arresti arbitrari, sparizioni e torture – per tacitare dissidenti e oppositori.

Mentre il parlamento libico sta esaminando la proposta di bilancio del 2021, che comprende fondi da assegnare a milizie e gruppi armati tra cui l’Asi, Amnesty International ha chiesto al Governo di unità nazionale (Gnu), in carica dal marzo 2021, di non premiare questi soggetti con legittimazione e stipendi.

Il bilancio presentato dallo Gnu al parlamento assegna 260 milioni di dinari libici (equivalenti a 48 milioni di euro) all’Asi e 2,5 miliardi di dinari libici (equivalenti a 475 milioni di euro) alle Forze armate arabe libiche (Faal) del generale Khalifa Haftar, oltre a somme minori per un totale di poco meno di 50 milioni di euro a ulteriori gruppi armati.

“Stiamo rivedendo le brutali tattiche repressive dell’era Gheddafi. L’Asi ha sequestrato, torturato e fatto sparire centinaia di persone sulla base della loro affiliazione tribale o a causa delle loro opinioni, con l’obiettivo di stroncare qualsiasi critica nei confronti di coloro che hanno il potere nella Libia orientale”, ha dichiarato Heba Morayef, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

“Invece di incorporare nelle istituzioni dello stato gruppi armati sospettati di aver commesso crimini di diritto internazionale e cercare di assicurarsi la loro fedeltà garantendo loro sostegno economico, il Gun e gli altri attori che controllano il territorio libico dovrebbero chiedere a quei gruppi armati di rispondere del loro operato”; ha aggiunto Morayef.

Nel corso della stesura del suo rapporto, Amnesty International ha intervistato 15 persone, tra cui ex detenuti, familiari di vittime, attivisti e avvocati. La conclusione è che nelle città di Bengasi, al-Marj, Ajdabiya, Derna e Sirte l’Asi ha commesso orribili violazioni dei diritti umani contro persone prese di mira sulla base della loro affiliazione tribale così come contro attivisti, giornalisti e altri che avevano espresso critiche nei confronti delle Faal e di gruppi armati alleati.

Dal 2014, quando le Faal del generale Haftar hanno preso il controllo dell’est della Libia, l’Asi ha rapito centinaia di persone. I rapimenti sono avvenuti in strada, in altri luoghi pubblici o nelle abitazioni, da parte di persone dotate di armi pesanti. Queste persone, tra cui anche donne e minorenni, sono state poi portate in centri di detenzione gestiti dall’Asi e lì trattenute per lunghi periodi di tempo, senza un’incriminazione formale e senza poter avere contatti col mondo esterno, in condizione dunque di sparizione forzata e alla mercé dei loro torturatori.

Le torture riferite dalle persone intervistate da Amnesty International comprendevano pestaggi coi calci dei fucili o con tubi dell’acqua, minacce di esecuzione, violenza sessuale e minacce di violenza contro i familiari, lavori forzati. Le condizioni detentive erano estreme: sovraffollamento, assenza di ventilazione, sporcizia e poco cibo.

Dopo anni di prigionia, centinaia di persone rapite dall’Asi sono state portate di fronte ai tribunali militari della Libia orientale mentre altre sono state rilasciate senza alcuna accusa dopo essere state costrette a promettere per iscritto che non avrebbero più criticato le Faal e i gruppi armati alleati.