Il “Pegasus Project” un anno dopo: “Industria della sorveglianza ancora attiva e senza controlli”

18 Luglio 2022

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A un anno di distanza dalle prime rivelazioni del “Pegasus Project”, Amnesty International ha dichiarato che l’assenza di una moratoria globale sulla vendita di spyware permette all’industria della sorveglianza di andare avanti senza controlli.

Il “Pegasus Project” ha rivelato che governi di ogni parte del mondo stavano usando lo spyware “Pegasus”, sviluppato dall’azienda israeliana Nso Group, per sorvegliare illegalmente attivisti per i diritti umani, leader politici, giornalisti e avvocati.

Dopo ripetuti solleciti affinché si adottassero regole sull’industria della sorveglianza, sono state intraprese alcune azioni nella giusta direzione ma i governi non hanno ancora fatto abbastanza.

“Un anno dopo che le rivelazioni sullo spyware ‘Pegasus’ hanno scioccato il mondo, è assai allarmante che le aziende che sviluppano software per la sorveglianza stiano ancora traendo profitto da violazioni dei diritti umani su scala globale”, ha dichiarato Danna Ingleton, vicedirettrice di Amnesty Tech.

“Il ‘Pegasus Project’ ha fatto capire quanto sia urgente regolamentare un’industria che è fuori controllo. Vergognosamente, i governi devono ancora rendersi conto di questa crisi della sorveglianza digitale e affrontarla con decisione”, ha aggiunto Ingleton.

“Ogni persona presa di mira dallo spyware della Nso Group ha diritto a un rimedio. Il fatto che i governi globalmente non abbiano assunto iniziative significative è un insulto nei confronti di tutte le persone che hanno sofferto, fisicamente e psicologicamente, dopo essere state poste sotto sorveglianza”, ha proseguito Ingleton.

“La sorveglianza mirata e illegale nei confronti dei difensori dei diritti umani e della società civile è uno strumento di repressione. È giunto il momento di stroncare questa industria che continua ad agire nell’ombra”, ha sottolineato Ingleton.

 

Il “Pegasus Project” è il frutto della collaborazione tra giornalisti di 17 organi di stampa di dieci paesi, coordinati da Forbidden Stories. Il Security Lab di Amnesty International ha svolto test digitali e impiegato metodologie di ricerca per confermare i sospetti che decine di telefoni fossero stati presi di mira e posti sotto sorveglianza.

Nell’ultimo anno, il Security Lab ha scoperto nuove prove dell’uso dello spyware “Pegasus” in Marocco/Sahara Occidentale e Polonia e ha potuto confermare in modo indipendente numerosi altri casi di sorveglianza illegale come in El Salvador, Israele/Territori palestinesi occupati e Spagna.

La sorveglianza illegale viola il diritto alla riservatezza e può violare anche i diritti alla libertà di espressione, opinione, associazione e protesta pacifica.

 

“Una forma molto violenta di censura”

Amnesty International indaga sulla sorveglianza illegale da molti anni. Vi sono sempre più prove che i governi commettono violazioni dei diritti in questo modo e che le aziende che sviluppano software per la sorveglianza ne ricavino profitti.

Ogni mese emergono nuovi casi di persone prese di mira da “Pegasus”. Amnesty International ha intervistato numerose persone, i cui telefoni erano stati infettati dallo spyware, che hanno raccontato quanto si siano sentite angosciate sapendo di essere state prese di mira.

Una di loro è Julia Gavarrete, una giornalista di El Salvador:

“È una vergogna che un potente strumento per combattere la criminalità sia usato per attaccare i giornalisti indipendenti e coloro che difendono i diritti umani. È una vergogna che non abbiamo la minima idea di chi sia dietro questi attacchi. È impossibile non sentirsi infuriati quando la nostra vita intera è nelle mani di qualcun altro e non si sa chi ne sia responsabile”.

“Ora il mio modo di comunicare è cambiato, sono cambiati i luoghi dove ero solita andare e penso sempre due volte a che genere di informazioni voglio condividere, non solo per la mia sicurezza ma anche per proteggere coloro che comunicano con me. Devo stare in guardia rispetto ai posti in cui vado e stare molto attenta ogni volta che ho il telefono vicino a me. Come giornalista devo salvaguardare le mie fonti, ma come donna devo proteggere la mia famiglia e i miei amici. La sorveglianza è una cosa indegna nei confronti della nostra vita professionale e di quella privata”.

Hicham Mansouri, un giornalista marocchino che vive in Francia, ha descritto l’attacco con lo spyware “Pegasus” come “una forma molto violenta di censura, perché ci priva del diritto di esprimerci su molti temi sia in un contesto professionale che nella vita privata. Ecco qual è il loro obiettivo: farti andare in paranoia, isolarti dalle persone, chiuderti come in una prigione”.

 

Le indagini in corso

Indagini nei confronti della Nso Group sono in corso in Francia, India, Messico e Polonia. Nel marzo 2022 il Parlamento europeo ha istituito il “Comitato Pega” per indagare sull’uso di “Pegasus” e di altri spyware in Europa.

Nel novembre 2021 il governo degli Usa ha inserito la Nso Group nella “Entity List”, l’elenco delle aziende che svolgono attività che rappresentano un pericolo per gli interessi della sicurezza nazionale o della politica estera. Un mese dopo, Apple ha presentato una denuncia contro la Nso Group chiedendo che fosse chiamata a rispondere per la sorveglianza subita dai suoi clienti.

Nelle ultime settimane si sono diffuse voci sull’intenzione di L3Harris, un’azienda di subappalti della difesa statunitense, di acquisire la proprietà del software “Pegasus”. Il futuro della Nso Group resta incerto.

“Ogni tentativo da parte della Nso Group di alterare il suo modello di business per evitare di essere chiamata a rispondere del suo operato va contrastato. L’intera industria della sorveglianza è marcia e occorrono urgenti riforme. Continuiamo a chiedere una moratoria globale sulla vendita, sul trasferimento e sull’uso degli spyware fino a quando non saranno adottate regole di garanzia sul loro utilizzo da parte dei governi. Gli stati sono giuridicamente vincolati non solo a rispettare i diritti umani ma anche a tutelare tali diritti da terze parti, comprese le aziende private”, ha concluso Ingleton.