Ⓒ AHMAD GHARABLI/AFP via Getty Images
Tempo di lettura stimato: 8'
Amnesty International ha chiesto al presidente degli Stati Uniti Joe Biden di mantenere l’impegno a porre i diritti umani al centro della sua prima visita in Medio oriente e a premere con i suoi interlocutori affinché vi siano immediati e sostanziali cambiamenti dal punto di vista dei diritti umani.
Tra il 13 e il 16 luglio il presidente Biden visiterà Israele e i Territori palestinesi occupati e l’Arabia Saudita. Incontrerà, tra gli altri, il primo ministro israeliano Yair Lapid, il capo dell’opposizione israeliana Benjamin Netanyahu, il re saudita Salman bin Abdulazid al-Saud, il principe della corona saudita Mohamed bin Salman e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi.
“L’amministrazione Biden deve porre fine al suo sfacciato appoggio ai gravi crimini di diritto internazionale commessi dai suoi alleati e cogliere l’opportunità di questo viaggio per dare priorità all’avanzamento dei diritti umani senza doppi standard. Se invece continueranno a comportarsi nello stesso modo, gli Usa rafforzeranno l’azione repressiva di governi che riducono al silenzio le voci dissidenti, opprimono le minoranze e colpiscono i diritti umani di milioni di persone”, ha dichiarato Paul O’Brien, direttore generale di Amnesty International Usa.
L’uccisione della giornalista palestinese Shireen Abu Akleh mentre, l’11 maggio, stava seguendo un’operazione militare israeliana in Cisgiordania è un crudo esempio dei crimini commessi dalle autorità israeliane per mantenere il loro sistema di oppressione e dominazione nei confronti dei palestinesi e il ruolo degli Usa nel proteggere Israele. Uccisioni illegali, arresti arbitrari, maltrattamenti e torture, punizioni collettive e sfollamenti sforzati si verificano nel contesto di un sistema di apartheid contro i palestinesi, in Israele e nei Territori occupati.
“La mancata assunzione di responsabilità da parte del governo israeliano per le gravi violazioni commesse, compresi crimini di guerra e crimini contro l’umanità, si perpetua grazie alle politiche statunitensi. Invece di coprire l’impunità, gli Usa dovrebbero appoggiare indagini indipendenti, approfondite e credibili su quei crimini, come ad esempio l’indagine aperta dal Tribunale penale internazionale”, ha commentato O’Brien.
L’amministrazione Biden e il Congresso devono interrompere le forniture all’esercito israeliano fino a quando non otterranno garanzie che esse non saranno usate per compiere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani.
Le autorità palestinesi continuano a reprimere la libertà di espressione e di protesta pacifica. Le forze di sicurezza, responsabili della morte a seguito di tortura dell’oppositore politico Nizar Banat il 24 giugno 2021, hanno represso le successive proteste ricorrendo alla forza illegale, agli arresti e alla tortura.
Le autorità saudite continuano a reprimere le libertà di espressione, di associazione e di movimento. La maggior parte dei difensori e delle difensore dei diritti umani nonché dei giornalisti indipendenti, degli scrittori, degli attivisti e delle attiviste è in carcere.
Amnesty International ha documentato 30 casi di attivisti e difensori dei diritti umani condannati, al termine di processi gravemente irregolari, a lunghe pene detentive seguite da periodi di divieto di viaggio.
Oltre tre anni dopo l’omicidio, approvato dallo stato, del giornalista Jamal Khashoggi, i suoi familiari non hanno la minima informazione su dove si trovino i suoi resti mentre tutte le persone coinvolte nell’assassinio non sono state chiamate a rispondere delle loro azioni.
Amnesty International ha sollecitato il presidente Biden a premere sulle autorità saudite affinché scarcerino tutti gli attivisti e i difensori dei diritti umani condannati per aver esercitato in modo pacifico i loro diritti umani, rimuovano i divieti di viaggio emessi nei loro confronti e contro i loro familiari e forniscano informazioni sui resti di Khashoggi.
Gli Usa dovranno interrompere la fornitura di armi alla coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita fino a quando vi sarà il rischio che verranno usate per compiere o facilitare gravi violazioni
del diritto internazionale umanitario in Yemen. Amnesty International ha già documentato decine di attacchi aerei illegali che hanno ucciso e ferito civili yemeniti, trovando più volte sul terreno resti di munizioni fabbricate negli Usa.
In vista della Cop 27, la conferenza annuale delle Nazioni Unite sul clima in programma in Egitto a novembre, le autorità del Cairo hanno intensificato la campagna per nascondere l’agghiacciante situazione dei diritti umani.
La crisi in atto è caratterizzata dalla totale impunità per gli omicidi illegali, le torture, le sparizioni forzate, le detenzioni arbitrarie di massa, la repressione delle libertà di espressione, di associazione e di protesta pacifica, la discriminazione contro le donne, le ragazze, le persone Lgbtqia+ e le minoranze religiose, nonché dal giro di vite nei confronti delle organizzazioni non governative attraverso divieti di viaggio, congelamento dei conti bancari e altre tattiche spietate per ridurre al silenzio la società civile.
Ciò nonostante, l’Egitto resta uno dei più grandi e duraturi beneficiari degli aiuti militari statunitensi.
Negli ultimi mesi le autorità egiziane hanno rilasciato decine di prigionieri che erano detenuti per motivi politici ma migliaia di altri continuano a restare dietro le sbarre e proseguono gli arresti di chi esprime critiche nei confronti del governo.
Amnesty International ha sollecitato il presidente Biden a premere sul presidente egiziano al-Sisi, sia in forma privata che in pubblico, per ottenere riforme importanti e durevoli nel campo dei diritti umani a partire dal rilascio di tutte le persone in carcere solo per aver esercitato pacificamente i loro diritti umani o per motivi discriminatori.
Il presidente Biden dovrà anche sollecitare le autorità egiziane a chiudere una volta per tutte le indagini sulle organizzazioni non governative per i diritti umani, note come caso 173/2011, annullare gli arbitrari divieti di viaggio e il congelamento dei conti bancari nei confronti dei difensori dei diritti umani e garantire un ambiente sicuro per lo svolgimento del lavoro dei gruppi per i diritti umani.