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Il 12 settembre il Relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani in Afghanistan ha presentato il suo primo rapporto alla 51ma sessione del Consiglio delle Nazioni Unite sui diritti umani.
“Apprezziamo questo rapporto, che rappresenta un’ulteriore conferma di quanto sia grave la crisi dei diritti umani in Afghanistan. I talebani hanno fatto passi indietro in ogni campo, in particolare per quel che riguarda i diritti delle donne, l’istruzione per le bambine, la protezione delle minoranze e l’accesso alla giustizia. Queste violazioni dei diritti umani proseguono impunite, nell’assenza di qualsiasi meccanismo che possa chiamare i talebani a rendere conto delle loro azioni”, ha dichiarato Yamini Mishra, direttrice di Amnesty International per l’Asia meridionale.
Negli ultimi 12 mesi, nonostante le promesse fatte nel corso dei negoziati di Doha del 2021 e l’annuncio di una cosiddetta “amnistia generale”, i talebani si sono resi responsabili di sparizioni forzate, arresti arbitrari, uccisioni extragiudiziali, vendette mortali contro ex membri delle forze armate, delle forze di sicurezza ed ex funzionari governativi e attacchi mirati contro minoranze religiose ed etniche come gli hazara.
A oltre 850.000 bambine delle classi oltre il sesto grado viene negato il diritto all’istruzione. Musicisti, artisti ed esponenti di movimenti culturali sono in pericolo. Le donne che scendono in piazza per protestare contro la soppressione dei loro diritti vengono picchiate e arrestate e lo stesso accade ai giornalisti che riprendono le loro manifestazioni.
“Dodici mesi dopo il ritorno al potere dei talebani, l’Afghanistan è a un bivio. La comunità internazionale deve cogliere l’opportunità della presentazione del primo rapporto del Relatore speciale, dare seguito alle sue raccomandazioni e agire in favore di un governo inclusivo e di un sistema legale adeguato in grado di proteggere le afgane e gli afgani, i cui diritti in caso contrario continueranno a essere negati”, ha commentato Mishra.