Il Sudafrica rinuncia ad arrestare il presidente sudanese al-Bashir

15 Giugno 2015

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Amnesty International ha accusato il governo sudafricano di aver oltraggiato centinaia di migliaia di persone uccise durante il conflitto in Darfur, attraverso il rifiuto di arrestare il presidente sudanese Omar al-Bashir, presente in Sudafrica dal 13 al 15 giugno per il vertice dell’Unione africana. Anche l’Alta corte del Nord Gauteng ha contestato il governo, affermando che la decisione di non arrestare al-Bashir non è stata coerente con la costituzione e che le autorità avrebbero dovuto fermarlo al suo arrivo in Sudafrica, in attesa di una richiesta formale da parte del Tribunale penale internazionale (Tpi). Il presidente sudanese è stato autorizzato a lasciare il paese la mattina del 15 giugno, nonostante un ordine provvisorio che avrebbe impedito la sua partenza.

Il ruolo del Sudafrica era chiaro sin dal giorno in cui il presidente Omar Al-Bashir è atterrato nel paese: doveva essere arrestato e portato davanti al Tpi per affrontare il processo per i crimini che è accusato di aver commesso‘ – ha dichiarato Netsanet Belay, direttore del programma Africa di Amnesty International. ‘È del tutto inaccettabile e sconcertante che il Sudafrica, stato membro del Tpi, abbia ignorato i suoi obblighi internazionali di arrestare il presidente sudanese. Non solo ha messo in discussione l’impegno del paese nei confronti del Tpi, ma ha anche negato i diritti e le speranze di giustizia di tutti coloro che sono stati uccisi o fatti sfollare durante la guerra in Darfur‘ – ha proseguito Belay.

Durante il conflitto del Darfur, iniziato nel 2003 e tuttora in corso, sono state uccise oltre 400.000 persone e oltre due milioni sono state costrette a lasciare le loro terre. Contro Omar al-Bashir, il Tpi ha spiccato due mandati di arresto, nel 2009 e nel 2010, per sette imputazioni di crimini di guerra e crimini contro l’umanità e tre imputazioni di genocidio.