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Amnesty International sollecita un forte impegno verso un’industria delle batterie senza impatti su diritti umani e ambiente
Amnesty International ha dichiarato che, nella fase di ripresa dalla pandemia, per le aziende e i governi garantire una filiera ecologica e pulita dell’industria delle batterie deve essere una priorità. L’organizzazione ha pubblicato una serie di principi per assicurare che le batterie agli ioni di litio, che alimentano veicoli elettrici e molti dispositivi elettronici e che sono fondamentali nella lotta al cambiamento climatico, non siano in alcun modo collegate a violazioni dei diritti umani o danni ambientali.
Una precedente ricerca di Amnesty aveva evidenziato che il cobalto estratto dai bambini dalle miniere della Repubblica Democratica del Congo entrava nelle filiere di alcune tra le maggiori aziende di elettronica e veicoli elettrici, mentre ci sono prove del rischio rappresentato dall’estrazione di litio per le risorse idriche e i fragili ecosistemi delle popolazioni native in America del Sud. Al contempo, la crescente domanda di tecnologie con batterie “ecologiche” crea nuovi rischi per l’ambiente, fra cui l’inquinamento delle aree di estrazione, danni al fondale oceanico e un aumento dei rifiuti dovuto a una progettazione inefficiente.
“Sebbene tecnologie come quelle dei veicoli elettrici siano essenziali per il progressivo abbandono dei combustibili fossili, la rivoluzione delle batterie porta con sé dei rischi intrinseci per i diritti umani e il pianeta. Si tratta di un momento fondamentale per ripensare il modo in cui le nostre economie e industrie operano; nel bel mezzo dell’incubo della pandemia, c’è la possibilità di costruire un futuro più equo e sostenibile”, ha dichiarato Mark Dummett, direttore del programma Temi globali Amnesty International.
“Chiediamo alle aziende della filiera delle batterie di fare ciascuna la propria parte per garantire di essere davvero agenti del cambiamento. I diritti umani devono essere al centro delle loro attività; ciò potrebbe significare una maggiore trasparenza delle filiere, rimedi in caso di danni o garanzie di consultazione con le comunità native in merito ai progetti estrattivi che le riguardano”, ha proseguito Mark Dummett.
“Inoltre, i governi devono mostrare la propria capacità di guida attraverso il sostegno a investimenti e soluzioni energetiche che affondano le proprie radici in una transizione giusta. Il rispetto o meno dei diritti umani dovrebbe essere un fattore dirimente per ciascuna azienda coinvolta nell’industria delle batterie. Significa che i governi devono mettere in atto normative in ambito di protezione ambientale, svolgere indagini sulle accuse di violazioni e rendere la due diligence in tema di diritti umani un requisito di legge”, ha aggiunto Mark Dummett.
Alimentare il cambiamento
Nel documento Alimentare il cambiamento. Principi per le aziende e i governi nella catena del valore della batteria, Amnesty International espone i principi chiave che governi e aziende dovrebbero rispettare per evitare di causare, contribuire o essere direttamente collegati a violazioni dei diritti umani e a danni ambientali. Altre 51 organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani e dell’ambiente hanno aderito a questi principi.
I principi sono validi per tutte le aziende del settore, anche quello finanziario, i cui fondi “ESG” (Environmental, Social and Governance) stanno offrendo un importante sostegno economico al vasto incremento di energia e tecnologia ecologica.
Amnesty International chiede alle aziende produttrici di progettare batterie che sfruttino al massimo l’efficienza delle risorse, incentivando innovazioni che hanno bisogno di una minore quantità di materiali e minerali e lavorando per ottenere batterie dal contenuto completamente riciclato in maniera sicura.
Inoltre, il documento evidenzia i pericoli delle operazioni di estrazione dal fondale marino e chiede ad aziende e governi di sostenere una moratoria sulla pratica, attraverso azioni concrete.
Un recente rapporto di Greenpeace ha lanciato l’allarme sulla “spartizione” dei fondali oceanici, che sta avvenendo nonostante le grandi preoccupazioni sull’impatto delle estrazioni sull’ecosistema marino. Greenpeace ha scoperto che l’esplorazione minerale degli oceani, bene comune globale, è stata monopolizzata da un esiguo numero di società, a dispetto dei seri avvertimenti lanciati dagli scienziati che si occupano di temi ambientali.
Inoltre, Amnesty International chiede a governi e aziende di collaborare con le comunità locali e i difensori dei diritti ambientali, assicurando che siano interpellati e adeguatamente informati in merito alle operazioni in programma e i potenziali rischi.
“Le aziende dovrebbero trattare i sostenitori dei diritti umani e dell’ambiente come alleati, non come nemici”, ha commentato Mark Dummett.
“Gli interessi aziendali sono stati troppo a lungo anteposti alla tutela dell’ambiente e dei diritti umani. Questo ha portato a una disuguaglianza globale scioccante, a un devastante cambiamento climatico e, probabilmente, a un prossimo fiume infinito di cattive notizie. Non deve essere così, dobbiamo garantire che le nuove tecnologie ci portino tutti su un percorso verso un posto migliore”, ha concluso Mark Dummet.