Impunità per violazioni nel G8 di Genova: una macchia intollerabile nella storia dei diritti umani in Italia

19 Luglio 2011

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In occasione del decimo anniversario del summit dei paesi del G8 a Genova, Amnesty International ha espresso disappunto per dover ancora una volta rinnovare la richiesta di un’assunzione di responsabilità per le violazioni dei diritti umani commesse in quei giorni dalle forze di polizia. L’organizzazione teme che non aver affrontato lacune strutturali di tipo legale e istituzionale possa dar luogo, in futuro, a nuove violazioni dei diritti umani. L’impunità per violazioni quali quelle commesse in occasione del G8 di Genova del 2001 costituisce una macchia intollerabile nella storia dei diritti umani in Italia.

Dal 19 al 21 luglio 2001 Genova ospitò il summit del G8, un incontro tra i governi delle otto nazioni più industrializzate. In quei giorni, si stima che oltre 200.000 persone presero parte alle iniziative antiglobalizzazione nelle strade della città ligure. Sebbene la maggior parte di esse manifestò in modo pacifico, alcune proteste degenerarono in atti di violenza, che procurarono ferimenti e ingenti danni a beni.

Alla fine del summit, si contavano un manifestante morto, Carlo Giuliani, ucciso da un colpo di pistola sparato da un carabiniere, e diverse centinaia di persone (manifestanti, giornalisti e alcuni agenti delle forze di polizia) ferite nel contesto degli scontri tra le forze di polizia e parte dei manifestanti.

Subito dopo il G8, così come nei mesi e negli anni successivi, vennero alla luce prove di violazioni dei diritti umani da parte di rappresentanti delle forze di polizia, agenti penitenziari e personale medico, nei confronti di cittadini italiani e stranieri. Le prove si riferivano a maltrattamenti compiuti sia durante le manifestazioni che nella scuola Diaz (usata come dormitorio per i manifestanti e come centro stampa del Genoa Social Forum) e nella caserma militare di Bolzaneto, che le autorità avevano adibito a carcere provvisorio.

Nel corso degli anni successivi al G8 di Genova, Amnesty International ha accolto favorevolmente l’apertura dei processi per i fatti della scuola Diaz e del carcere provvisorio di Bolzaneto, giudicandola un passo avanti significativo verso l’accertamento delle responsabilità. Tuttavia, a 10 anni di distanza, l’organizzazione si rammarica per il fatto che le autorità non abbiano istituito meccanismi efficaci per prevenire le brutalità della polizia e non abbiano adottato misure concrete per garantire procedimenti giudiziari nei confronti di tutti i rappresentanti delle forze di polizia sospettati di tortura, maltrattamenti, uso eccessivo o non necessario della forza e altre violazioni dei diritti umani. Amnesty International, inoltre, si dice preoccupata per il fatto che su molte delle violazioni dei diritti umani commesse durante il G8 di Genova non vi sia stato accertamento delle responsabilità.

Le denunce relative all’uso eccessivo e arbitrario della forza e ad altri maltrattamenti durante le manifestazioni sono rimaste in gran parte escluse dalle indagini e quasi nessuno è stato chiamato a risponderne. Nella maggior parte dei casi, non è stato possibile identificarne gli autori e solo poche vittime hanno ottenuto un risarcimento in sede civile.

Nel maggio 2010, la corte d’appello di Genova ha giudicato colpevoli di vari reati, tra cui gravi lesioni, 25 dei 28 pubblici funzionari accusati delle violenze commesse durante l’irruzione alla scuola Diaz, nella notte tra il 21 e il 22 luglio, condannandoli a pene fino a cinque anni. Secondo il verdetto della corte, le persone erano state picchiate incessantemente e sistematicamente coi manganelli, prese a calci e pugni e colpite con pezzi di mobilio presenti all’interno della scuola, in modo tale da mettere in pericolo la vita di alcune di loro. Tuttavia, molti dei reati sono finiti in prescrizione.

Due mesi prima, la stessa corte d’appello genovese aveva riconosciuto che la maggior parte dei reati commessi nel carcere provvisorio di Bolzaneto, tra cui gravi lesioni e ispezioni e perquisizioni arbitrarie, era caduta in prescrizione. La corte aveva tuttavia imposto a tutti i 42 imputati, tra cui membri delle forze di polizia e personale medico, di risarcire i danni alle vittime in sede civile; aveva inoltre emesso condanne fino a tre anni e due mesi di carcere per otto imputati. Le persone trattenute a Bolzaneto erano state, tra l’altro, picchiate coi manganelli, prese a calci e pugni, insultate, minacciate di violenza sessuale e di ulteriori percosse e costrette a rimanere in piedi in posizioni dolorose, pure se ferite, anche per oltre 20 ore.

Entrambi i procedimenti attendono ancora l’esame da parte della Corte di Cassazione.

Nel marzo 2011, la Grande camera della Corte europea dei diritti umani ha stabilito che non vi fu violazione dell’articolo 2 (diritto alla vita) della Convenzione europea dei diritti umani in relazione alla morte di Carlo Giuliani. Nel maggio 2003, l’inchiesta sull’uccisione di Giuliani da parte di un carabiniere era stata archiviata in quanto il giudice per le indagini preliminari aveva determinato che il carabiniere avesse agito per legittima difesa, facendo uso legittimo della sua arma da fuoco, e non dovesse essere pertanto incriminato.

Una considerevole quantità di prove ha messo in luce che i manifestanti vennero sottoposti a maltrattamenti sia durante le manifestazioni che all’interno della scuola Diaz e del carcere provvisorio di Bolzaneto.

Tuttavia, poiché il codice penale italiano non prevede il reato di tortura, i pubblici ufficiali sospettati di aver torturato i manifestanti non sono stati incriminati per tale reato ma per altri che, sottoposti alla prescrizione, hanno significato l’impunità. Nel frattempo, nessuno dei condannati è stato sospeso dal servizio. Decine di altri pubblici ufficiali ritenuti coinvolti nelle violenze non hanno potuto essere identificati poiché il loro volto era coperto da caschi, fazzoletti o elmetti e sulle loro divise non erano presenti nomi o numeri identificativi.

Amnesty International deplora profondamente il fatto che, trascorsi 22 anni dalla ratifica della Convenzione Onu contro la tortura, l’Italia ancora non contempli nel codice penale il reato specifico di tortura. Questo vuoto determinante nel sistema legale italiano porta con sé profonde conseguenze, come evidenziato nei verdetti Diaz e Bolzaneto, in particolare per quanto riguarda l’applicazione della prescrizione. Nel 2010, in occasione della Revisione periodica universale da parte del Consiglio Onu dei diritti umani, l’Italia ha deciso di non accettare la raccomandazione di introdurre il reato di tortura.

Amnesty International ricorda inoltre che l’Italia deve ancora ratificare il Protocollo opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura e istituire un Meccanismo nazionale di prevenzione che impedisca il compimento di torture e maltrattamenti.

L’Italia non ha mai condotto un’inchiesta indipendente, approfondita ed efficace sulle operazioni di polizia condotte durante le manifestazioni del G8 di Genova, sebbene ciò fosse stato ripetutamente richiesto da Amnesty International, alla luce della dimensione e della gravità delle denunce.

L’organizzazione si dichiara preoccupata anche per la mancata creazione di un’Istituzione nazionale sui diritti umani, in linea coi ‘Principi riguardanti lo statuto delle istituzioni nazionali’ (Principi di Parigi). Questo organismo dovrebbe essere indipendente, contemplare una presenza plurale delle forze sociali coinvolte nella promozione e nella protezione dei diritti umani e poter contare su finanziamenti adeguati. In occasione della sua candidatura al Consiglio Onu dei diritti umani, nel maggio di quest’anno, l’Italia ha preso l’impegno di creare quest’Istituzione. Amnesty International chiede che tale impegno sia rispettato in maniera urgente e attuato coinvolgendo ampiamente la società civile.

A seguito delle numerose denunce di violazioni dei diritti umani compiute dalle forze di polizia e da altri pubblici funzionari a Genova, Amnesty International aveva chiesto alle autorità italiane di condurre una revisione approfondita delle disposizioni in vigore nelle operazioni di ordine pubblico, compreso l’addestramento e il dispiegamento delle forze di polizia impiegate durante le manifestazioni e le normative sull’uso della forza e delle armi da fuoco. Amnesty International continua a raccomandare, in particolare, che l’Italia assicuri che le sue forze di polizia siano adeguatamente equipaggiate e addestrate per l’impiego di metodi non violenti prima di ricorrere, quando strettamente necessario, all’uso della forza e delle armi da fuoco; siano equipaggiate e addestrate per l’uso di metodi non letali per il controllo degli assembramenti pubblici; siano sottoposte a rigide normative riguardanti l’uso di tali metodi e vincolate a un rigoroso meccanismo di accertamento delle responsabilità. Inoltre, per favorire tale accertamento delle responsabilità, gli appartenenti alle forze di polizia dovrebbero mostrare elementi d’identificazione individuale durante le operazioni di ordine pubblico. Tuttavia, nessuna iniziativa è stata presa al riguardo dalle autorità italiane.

In occasione del decimo anniversario del G8 di Genova, Amnesty International chiede alle autorità italiane di:

condannare pubblicamente le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia e dal personale medico 10 anni fa e fornire scuse alle vittime;
impegnarsi ad assicurare che violazioni quali quelle accadute a Genova nel 2001 non si verifichino di nuovo e prendere misure concrete per garantire l’accertamento delle responsabilità per tutte le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia;
introdurre nel codice penale il reato di tortura e adottare una definizione di tortura che includa tutte le caratteristiche descritte nell’articolo 1 della Convenzione Onu contro la tortura;
creare un’Istituzione nazionale sui diritti umani in linea coi ‘Principi riguardanti lo statuto delle istituzioni nazionali’ (Principi di Parigi);
ratificare il Protocollo opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura e istituire un Meccanismo indipendente nazionale per prevenire il compimento di torture e maltrattamenti;
condurre una revisione approfondita delle disposizioni in vigore nelle operazioni di ordine pubblico, incluse quelle in materia di addestramento e dispiegamento delle forze di polizia impiegate nelle manifestazioni, di uso della forza e delle armi da fuoco e che tenga conto della necessità di introdurre elementi di identificazione individuale degli appartenenti alle forze di polizia nelle operazioni di ordine pubblico.

Firma l’appello ‘Operazione trasparenza – Diritti umani e polizia in Italia

Leggi il comunicato stampa ‘Italia,  ancora nessuna giustizia a 10 anni dal G8 di Genova’

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Leggi il comunicato stampa ‘Italia, ancora nessuna giustizia a 10 anni dal G8 di Genova’

Rapporto annuale 2011 – Italia

 

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