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Rapporto di Amnesty International sulla Bielorussia: “L’impunità per i torturatori rafforza la necessità della giustizia internazionale”
In un nuovo rapporto diffuso oggi, Amnesty International ha denunciato che, nell’ambito della repressione brutale e di massa scatenata contro il dissenso dopo le elezioni dell’agosto 2020, le autorità della Bielorussia hanno ridotto il sistema giudiziario a un’arma per punire le vittime della tortura più che i responsabili.
Secondo Amnesty International, la ricerca della giustizia in Bielorussia è “senza speranza” ed è necessario che la comunità internazionale si attivi affinché le vittime delle violazioni dei diritti umani abbiano giustizia e i responsabili delle violazioni siano chiamati a rispondere.
Sebbene abbiano ammesso di aver ricevuto oltre 900 denunce di violazioni dei diritti umani commesse dalla polizia a partire dall’agosto 2020, le autorità bielorusse non hanno avviato una sola indagine mentre ne hanno aperte centinaia contro manifestanti pacifici, molti dei quali vittime di maltrattamenti e torture.
“Dall’inizio delle proteste post-elettorali, i gruppi per i diritti umani hanno raccolto prove di tortura riguardanti centinaia di manifestanti pacifici e hanno documentato la morte di almeno quattro di loro. Abbiamo chiesto più volte indagini efficaci per portare i responsabili di fronte alla giustizia ma le speranze sono davvero scarse di fronte a un sistema che non solo protegge la polizia con l’anonimato ma incoraggia anche intimidazioni e ulteriori violenze contro vittime e testimoni”, ha dichiarato Maria Struthers, direttrice per l’Europa orientale e l’Asia centrale di Amnesty International.
“Se a livello locale la giustizia non riesce minimamente ad assicurare la punizione dei responsabili, allora è necessario cercarla a livello internazionale. I governi, le organizzazioni internazionali e quelle regionali devono usare tutto il loro peso per ottenere dalle autorità bielorusse la fine di questo assalto ai diritti umani. Sollecitiamo inoltre la comunità internazionale ad adottare tutte le misure a disposizione affinché in Bielorussia arrivi la giustizia”, ha proseguito Struthers.
Nel suo rapporto, intitolato “Bielorussia: ‘Voi non siete esseri umani’”, Amnesty International presenta terribili resoconti di arresti di massa di manifestanti pacifici, sottoposti a tortura, obbligati a rimanere nudi o in posizioni dolorose, pestati senza pietà e privati per giorni del cibo, dell’acqua potabile e delle cure mediche.
Durante e dopo le proteste, le autorità bielorusse hanno utilizzato decine di centri di detenzione per trattenere arbitrariamente i manifestanti pacifici, compresa la famigerata struttura “Akrestsina” nella capitale Minsk.
La notte tra il 13 e il 14 agosto 2020 i parenti delle persone detenute ad “Akrestsina” hanno registrato i rumori degli incessanti pestaggi, chiaramente udibili all’esterno, e le numerose grida agonizzanti che in alcuni casi chiedevano pietà.
Questa è la testimonianza di Tsimur (il nome è stato modificato per ragioni di sicurezza), un medico 25enne di Minsk, arrestato il 10 agosto e portato ad “Akretsina”:
“Chiunque piangeva e pregava di cessare i pestaggi, veniva picchiato ancora peggio”.
Mikalai (anche questo è un nome di fantasia), ha trascorso cinque giorni in una struttura detentiva della polizia a Orsha. Insieme ad altri detenuti è stato obbligato a camminare attraverso un corridoio formato da una cinquantina di agenti di polizia che li picchiavano coi manganelli. Ha riportato varie ferite alla testa e alle gambe, diventate completamente livide per i colpi subiti.
Il numero esatto dei manifestanti arrestati arbitrariamente e portati ad “Akrestina” e in altri centri di detenzione di tutto il paese rimane sconosciuto: all’inizio del dicembre 2020, secondo l’Alta commissaria Onu per i diritti umani, aveva già superato quota 27.000 e gli arresti da allora sono proseguiti.
A fronte di oltre 900 denunce ricevute, le autorità bielorusse non hanno aperto alcuna inchiesta. Coloro che hanno sporto denuncia, oltre a esporsi al rischio di pesanti rappresaglie, si sono trovati di fronte ostacoli burocratici, tattiche buone solo per prendere tempo e un vero e proprio sistema fatto per scoraggiare, intimidire e respingere le denunce.
Una delle persone rilasciate da “Akretsina” ha raccontato che, dopo essere riuscita a far registrare la sua denuncia e a ottenere che un medico la visitasse per certificare ufficialmente le ferite riportate durante la detenzione, il magistrato le ha detto che non avrebbe aperto un’indagine “senza un ordine dall’alto”.
Invece di avviare procedimenti penali nei confronti dei sospetti autori di violazioni dei diritti umani, il 28 ottobre 2020 la Procura generale della Bielorussia ha reso noto che erano stati aperti 657 fascicoli nei confronti dei manifestanti e che oltre 200 persone erano state incriminate per rivolta di massa e violenza contro agenti di polizia. Le organizzazioni della società civile hanno documentato decine e decine di procedimenti aperti contro manifestanti pacifici sulla base di accuse false e politicamente motivate.
La Bielorussia è obbligata dal diritto internazionale a rispettare i diritti umani di tutte le persone che si trovano sul suo territorio, garantendo tra l’altro il divieto assoluto di tortura e indagando e punendo i responsabili.
“Il livello senza precedenti di violazioni dei diritti umani e la totale impunità garantita ai responsabili rendono necessaria l’attuazione o l’istituzione di meccanismi di giustizia internazionale”, ha commentato Struthers.
“La comunità internazionale non può restare a guardare”, ha concluso Struthers.