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Le forze di sicurezza dello stato di Jammu e Kashmir non devono ricorrere a munizioni cariche se non come ultima risorsa per proteggere la vita in caso di minaccia, ha dichiarato Amnesty International.
Almeno 14 manifestanti sono stati uccisi nel corso di sparatorie da parte delle forze di sicurezza durante le proteste in Kashmir degli ultimi cinque giorni. Più di 150 persone sono state ferite, inclusi 22 agenti di polizia, nei più violenti scontri degli ultimi anni tra dimostranti e forze di sicurezza nella turbolenta valle del Kashmir.
Le forze di sicurezza dovrebbero usare le armi da fuoco solo laddove è inevitabile per l’incolumità della vita, nella misura minima necessaria e in conformità con le proprie norme e con gli standard internazionali, compresi i principi base dell’Onu sull’uso della forza e delle armi da fuoco da parte delle forze di polizia.
Amnesty International riconosce i doveri e le responsabilità delle autorità di proteggere le persone, la proprietà pubblica e gli agenti dagli attacchi, e di sottoporre a indagini e a processo coloro che sono sospettati di aver commesso un reato di accertata natura penale. Il diritto alla libertà di assemblea può essere esercitato solo pacificamente e se i manifestanti violano i diritti umani devono essere chiamati a rispondere del loro operato.
Allo stesso modo, secondo il diritto internazionale, tutti gli incidenti provocati da colpi di arma da fuoco esplosi dalla polizia devono essere immediatamente oggetto di indagini immediate, esaustive e indipendenti, e gli autori sottoposti a processi in linea con gli standard internazionali del giusto processo. Deve essere previsto un risarcimento per sopravvissuti e le famiglie delle vittime.