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Il 5 gennaio è iniziato il processo nei confronti di Ales Bialiatski, difensore dei diritti umani della Bielorussia, premio Nobel per la pace 2022, fondatore e presidente del centro per i diritti umani Viasna (Primavera).
Con lui sono processati, in quella che Amnesty International ha definito “una vergognosa pretesa di giustizia”, Valiantsin Stefanovich (vicepresidente di Viasna e della Federazione internazionale dei diritti umani) e Uladzimir Labkovich (avvocato di Viasna). Un quarto imputato, Dzmitry Salauyou, è processato in contumacia perché in esilio.
Bialiatski, Stefanovich e Labkovich, in carcere dal luglio 2021, sono falsamente accusati di “contrabbando di ingenti somme di danaro e finanziamento di attività di gruppi che hanno gravemente violato l’ordine pubblico”.
Secondo la pubblica accusa, gli imputati hanno fatto entrare in Bielorussia almeno 201.000 euro e 54.000 dollari per finanziare proteste illegali.
A partire dalle proteste pacifiche di massa seguite alle elezioni del 2020, ampiamente segnate da brogli, Viasna ha regolarmente denunciato le violazioni dei diritti umani commesse ai danni dei manifestanti: arresti arbitrari, imprigionamenti illegali, torture e processi iniqui.
“Questo processo è un palese atto d’ingiustizia con cui lo stato bielorusso cerca di vendicarsi contro l’attivismo per i diritti umani. Il giudice non solo ha rifiutato di celebrare il processo in lingua bielorussa anziché in russo ma ha anche impedito di togliere le manette agli imputati. Chiediamo che le accuse siano rimosse e che i detenuti siano rimessi immediatamente in libertà”, ha dichiarato Marie Struthers, direttrice di Amnesty International per l’Europa orientale e l’Asia centrale.