Iran, 22enne rischia l’impiccagione per aver preso parte alle proteste

12 Gennaio 2023

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Il 2 gennaio la Corte suprema dell’Iran ha ratificato la condanna a morte di Mohamed Ghobadlou per “reati” collegati alle proteste in corso in tutto il paese dalla metà di settembre.

Ghobadlou, che rischia a breve di essere impiccato, era stato giudicato colpevole di “diffusione della corruzione sulla terra” (efsad-e fel arz), al termine di un processo sommario, gravemente irregolare e basato su “confessioni” estorte con la tortura, per aver investito con l’automobile, uccidendolo, un agente di polizia.

Ghobadlou è stato processato da un altro tribunale per lo stesso reato e dunque potrebbe ricevere una seconda condanna a morte.

L’avvocato di Ghobadlou ha presentato un ricorso alla Corte suprema sulle condizioni di salute mentale del suo assistito, che erano state anche al centro di una lettera aperta alla magistratura iraniana, inviata il 29 dicembre da un gruppo di psichiatri.

Sono già quattro le condanne a morte eseguite in Iran dall’8 dicembre nei confronti di persone che avevano preso parte alle proteste, mentre molti altri prigionieri rischiano l’impiccagione. Tra questi, Mohammad Boroughani, Arshia Takdestan, Javad Roohi, Manouchehr Mehman Navaz, Saleh Mirhashemi, Saeed Yaghoubi e Majid Kazemi, le sentenze nei confronti dei quali sono state già emesse.

Numerosi altri prigionieri sono sotto processo o sono indagati per reati per i quali è prevista la pena di morte. Tra loro, Abolfazl Mehri Hossein Hajilou, Mohsen Rezazadeh Gharagholou, Saeed Shirazi, Akbar Ghafari, Toomaj Salehi, Ebrahim Rigi (Riki), Farzad (Farzin) Tahazadeh e Farhad Tahazadeh, Karwan Shahiparvaneh, Reza Eslamdoost, Hajar Hamidi e Shahram Marouf-Mola.

“È fondamentale che la comunità internazionale, oltre a esprimere solidarietà nei confronti delle proteste, intraprenda azioni urgenti per chiamare le autorità iraniane a rendere conto del loro operato. Chiediamo agli stati di esercitare la giurisdizione universale per indagare tutti i funzionari sospettati di aver preso parte a crimini di diritto internazionale ed emettere mandati di cattura quando vengano riscontrate sufficienti prove nei loro confronti”, ha dichiarato Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.