Iran: diritti umani violati

6 Maggio 2009

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14 maggio 2009

Delara Darabi è stata impiccata la mattina di venerdì 1 maggio nella prigione centrale di Rasht, nell’Iran settentrionale. Delara Darabi era stata condannata a morte per un omicidio commesso quando aveva 17 anni; la sentenza era stata emessa a termine di un processo iniquo, non avendo i giudici preso in considerazione prove che avrebbero potuto scagionarla dall’accusa di omicidio, e l’esecuzione della stessa è avvenuta senza che il suo avvocato ne fosse stato informato.
 
L’impiccagione di Delara Darabi ha riportato l’attenzione sull’Iran, un paese dove si ricorre alla pena di morte, anche nei confronti di minorenni al momento del reato, si reprime il dissenso, si eseguono arresti arbitrari ed esiste una diffusa discriminazione legale.
La messa a morte di Delara Darabi conferma quanto Amnesty International documenta e denuncia da tempo: in Iran i diritti umani vengono ampiamente violati.

Pena di morte

L’Iran è uno dei paesi che maggiormente applica la pena di morte. Secondo solo alla Cina, il paese ha messo a morte nel solo 2008 almeno 346 persone, tra cui otto minorenni al momento del reato, con metodi che comprendono l’impiccagione e la lapidazione. 
L’impiccagione di Delara Darabi ha portato a 140 il numero di esecuzioni nel paese nel 2009 e ha innalzato un altro macabro dato: dal 1980 la Repubblica Islamica ha messo a morte almeno 42 minorenni al momento del reato, in totale disprezzo degli obblighi internazionali che vietano l’ applicazione della pena capitale per reati commessi da minori di 18 anni.
Per ricordare Delara Darabi e tutti gli altri condannati a morte in Iran Amnesty International organizza ha organizzato, il 6 maggio, manifestazioni in diverse città europee, comprese Roma e Milano.

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Firma l’appello per Abumoslem Sohrabi, a rischio di esecuzione imminente

Repressione del dissenso

Altrettanto diffusa è la repressione del dissenso pacifico e le limitazioni della libertà di espressione e di associazione. Numerose leggi con formulazioni vaghe e diverse pratiche collegate alla sicurezza pubblica e nazionale come la calunnia, la diffamazione di funzionari statali, gli insulti all’Islam, e ad altri aspetti della libertà di espressione, associazione e credo, sono utilizzate per perseguire i dissidenti, soprattutto coloro che cercano di promuovere e proteggere i diritti umani. Le punizioni per tali ‘reati’ vanno dalla carcerazione, fustigazione e imposizione di multe, alla condanna a morte in alcuni casi. 
Particolare bersaglio delle politiche repressive sono le Organizzazioni non governative, i quotidiani, le riviste e i siti internet.

Arresti arbitrari, tortura e altri maltrattamenti, e processi iniqui

Amnesty International ha più volte denunciato il ricorso alla tortura e altri maltrattamenti, facilitati da detenzioni preventive prolungate e dal diniego di accesso a un avvocato e alla famiglia. Diffusa è la pratica degli arresti arbitrari eseguiti spesso da agenti in borghese che non si identificano e non presentano un mandato ufficiale; in alcuni casi, i detenuti sono portati in luoghi segreti prima di essere trasferiti in prigione.
I procedimenti giudiziari vengono svolti spesso senza il rispetto degli standard internazionali sull’equo processo. Spesso non viene consentita la presenza legale e le prove si basano su ‘confessione’ estorte sotto tortura o altri maltrattamenti o fornite dai servizi segreti. I giudici godono di ampia discrezionalità nella valutazione delle prove stesse.

Violazioni dei diritti delle donne

Le donne in Iran subiscono discriminazione per legge e per prassi e chi si batte per difendere i loro diritti si trova a subire vessazioni, intimidazioni e altre violazioni dei diritti umani. I membri della Campagna per l’uguaglianza, un movimento che ha l’obiettivo di raccogliere un milione di firme contro la discriminazione legale in Iran, spesso vengono minacciati e arrestati a causa del loro impegno.