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Behrouz Alkhani, 30 anni, appartenente alla minoranza curda dell’Iran, è stato impiccato la mattina del 26 agosto nella prigione di Urmia. L’esecuzione è avvenuta nonostante fosse ancora in corso l’esame di un appello contro la condanna da parte della Corte suprema.
Alkhani era stato arrestato nel gennaio 2010 a Salmas, nella provincia dell’Azerbaigian occidentale. Per un anno, era stato tenuto in isolamento senza poter incontrare avvocati né familiari. Nel 2011 un tribunale rivoluzionario lo aveva giudicato colpevole di aver preso parte all’uccisione del procuratore della città di Khoy e lo aveva condannato a morte per “collaborazione col PJAK” (il Partito della vita libera del Kurdistan) e “moharebeh” (inimicizia contro Dio), oltre che a 10 anni di carcere per possesso e fornitura di armi.
In seguito, la Corte suprema aveva annullato il verdetto rimandando il caso alla decima sezione della Corte d’appello di Urmia, che aveva nuovamente emesso una condanna a morte. Nel corso dell’intero procedimento giudiziario, Alkhani non ha avuto piena assistenza legale e le sue denunce relative alle torture subite in carcere non sono mai state indagate. Dall’inizio dell’anno, in Iran sono state eseguite oltre 700 condanne a morte.