Iran, Amnesty International aggiorna ad almeno 143 il numero dei manifestanti uccisi

25 Novembre 2019

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Sulla base delle ultime attendibili informazioni ricevute, Amnesty International ha aggiornato ad almeno 143 il numero dei manifestanti uccisi nel corso delle proteste iniziate il 15 novembre in Iran e ha chiesto alla comunità internazionale di denunciare l’uso intenzionale della forza letale da parte delle forze di sicurezza iraniane.

Quasi tutte le vittime sono state uccise a colpi di arma da fuoco, con l’eccezione di un manifestante morto dopo aver inalato gas lacrimogeno e di un altro sottoposto a un pestaggio.

Amnesty International ritiene che il numero effettivo dei manifestanti uccisi sia significativamente più elevato e continuiamo a indagare.

I racconti forniti da testimoni oculari e dai parenti delle vittime, le informazioni raccolte da attivisti e giornalisti che risiedono fuori dall’Iran e l’analisi di una grande quantità di immagini filmate costituiscono la prova evidente che le forze di sicurezza iraniane hanno intenzionalmente usato le armi da fuoco nei confronti di manifestanti non armati e il cui comportamento non poneva in essere alcuna minaccia di morte o di ferimento grave.

Nelle immagini si vedono agenti della sicurezza sparare deliberatamente contro i manifestanti da corta distanza o mentre questi erano in fuga. In altre, i manifestanti vengono colpiti da agenti piazzati sul tetto di edifici statali, compreso un palazzo del ministero della Giustizia.

Le forze di sicurezza responsabili dell’attuale repressione comprendono le forze di polizia, le Guardia rivoluzionarie, membri in borghese delle forze paramilitari Basiji e di ulteriori agenzie.

Secondo le informazioni ricevute da Amnesty International, in molti casi le autorità iraniane non hanno restituito i corpi alle famiglie e in alcune occasioni hanno prelevato le salme dalle camere mortuarie per portarle in località sconosciute.

Come in passato, le autorità hanno minacciato d’arresto le famiglie dei manifestanti uccisi qualora avessero organizzato cerimonie funebri o avessero parlato coi giornalisti.

Amnesty International ha anche ricevuto informazioni circa manifestanti feriti portati via con la forza dagli ospedali verso i centri di detenzione.