Iran: necessaria una moratoria delle esecuzioni

16 Febbraio 2011

Tempo di lettura stimato: 9'

Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace, e sei organizzazioni per i diritti umani hanno chiesto al potere giudiziario e a parlamento dell’Iran di istituire un’immediata moratoria delle esecuzioni, invitando altri paesi e le Nazioni Unite a prendere posizione contro l’attuale ondata di esecuzioni, almeno 86 dell’inizio del 2011. Le sei organizzazioni sono Amnesty International, Human Rights Watch, Reporter senza frontiere, la Campagna internazionale per i diritti umani in Iran, la Federazione internazionale per i diritti umani e l’affiliata di quest’ultima, la Lega iraniana per la difesa dei diritti umani.

Almeno otto delle persone messe a morte a gennaio erano prigionieri politici, giudicati colpevoli di moharebeh (comportamento ostile a Dio) per aver preso parte a manifestazioni o per i loro presunti legami con gruppi di opposizione.

Le autorità iraniane hanno dimostrato che non basta loro più arrestare e condannare al carcere coloro che contestano la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad. Vogliono anche metterli a morte‘ – ha dichiarato Shirin Ebadi. ‘Ricorrono alla nota tattica di eseguire condanne a morte di prigionieri politici contemporaneamente a esecuzioni di massa per reati comuni. Il numero delle esecuzioni potrà aumentare, se il mondo rimarrà in silenzio’.

L’incremento delle esecuzioni ha fatto seguito all’entrata in vigore, nel dicembre 2010, di un emendamento alla legge antinarcotici. Le autorità hanno anche annunciato di voler inasprire le misure contro il traffico di stupefacenti. Sessantasette condanne a morte eseguite quest’anno a gennaio riguardavano questo reato. Il numero effettivo delle esecuzioni può essere persino più alto poiché, secondo informazioni credibili, alcune esecuzioni hanno luogo all’interno delle carceri e non vengono rese note.

Un’altra persona messa a morte a gennaio è stata Zahra Bahrami, cittadina di doppia nazionalità olandese-iraniana. Arrestata dopo aver preso parte a una manifestazione post-elettorale, era stata accusata di possesso e spaccio di droga. Non ha avuto il diritto di ricorrere in appello contro la sentenza. Nonostante l’intervento del governo olandese e dell’Unione europea, è stata messa a morte senza preavviso (la legge prevede che la notifica dell’esecuzione avvenga 48 ore prima) e senza poter incontrare il suo avvocato.

Sono anni che le autorità arrestano e processano i loro oppositori per reati comuni politicamente motivati, come il possesso di alcool o droga o la detenzione illegale di armi‘ – ha commentato Ebadi. ‘Hanno imprigionato avvocati e giornalisti, compresi miei colleghi, sulla base di queste accuse pretestuose. Dato il notevole aumento delle esecuzioni, la mancanza di trasparenza del sistema giudiziario iraniano e le recenti modifiche alla legge antinarcotici, c’è il grande pericolo che le autorità ricorrano a reati comuni per condannare a morte gli oppositori‘.

Alla luce delle recenti esecuzioni, vi sono forti timori per la vita di due uomini, Saeed Malekpour e Vahid Asghari, che si ritiene siano stati condannati a morte dai tribunali rivoluzionari al termine di due distinti processi iniqui per il reato di ‘diffusione della corruzione in Terra’.

Il 30 gennaio il procuratore di Teheran, Abbas Ja’fari Dowlatabadi, ha annunciato che le condanne a morte di due non meglio precisati ‘gestori di siti osceni’ erano state trasmesse alla Corte suprema. Gli attivisti per i diritti umani in Iran ritengono si tratti di Malekpour e Asghari.

Malekpour, web designer residente in Canada, è stato condannato a morte alla fine del novembre 2010 per aver creato siti ‘pornografici’ e per ‘insulto alla santità dell’Islam’. Nel 2008, durante una visita ai suoi familiari in Iran, aveva creato un programma che consentiva di caricare fotografie online. Il programma era stato poi usato per caricare contenuti pornografici, alla dichiarata insaputa dell’autore. Malekpour ha denunciato di essere stato torturato nel corso di oltre un anno di detenzione in isolamento nel carcere di Evin.

Asghari, 24 anni, studente di tecnologia dell’informatica presso un’università in India, è detenuto dal 2008 e da allora, a quanto pare, sottoposto a torture. Dovrebbe essere stato processato alla fine del 2010 ma il verdetto non è mai stato ufficialmente reso noto.

Vi sono preoccupazioni anche per il caso di Yousef Nadarkhani, pastore di una chiesa di 400 fedeli nel nord dell’Iran. Arrestato nell’ottobre 2009, è stato condannato a morte nel settembre 2010 per ‘apostasia dall’Islam’, nonostante il fatto che il codice penale non preveda alcun reato del genere. L’appello contro la sua condanna a morte è attualmente all’esame della Corte suprema.

Il 26 gennaio le autorità hanno annunciato l’esecuzione di Sayed Ali Gharabat, nella prigione Karoun ad Ahvaz, per i reati di ‘diffusione della corruzione in Terra’ e ‘apostasia’. Secondo l’accusa, aveva falsamente dichiarato di aver comunicato col Dodicesimo Imam: secondo l’Islam sciita, il Dodicesimo Imam è attualmente nascosto e tornerà sulla terra per portare giustizia.

La libertà di religione e di credo è garantita dal Patto internazionale sui diritti civili e politici, di cui l’Iran è stato parte, che prevede anche il diritto di cambiare religione.

L’Iran è il paese che mette a morte più persone dopo la Cina. Tra le centinaia, se non migliaia, di prigionieri nel braccio della morte vi potrebbero essere oltre 140 minorenni all’epoca del presunto reato. Il diritto internazionale proibisce l’esecuzione di persone che avevano meno di 18 anni al momento del reato.

Secondo Shirin Ebadi e le sei organizzazioni per i diritti umani, per far cessare questa ondata di uccisioni, gli altri paesi dovrebbero chiedere all’Iran di porre immediatamente fine alle esecuzioni e rispettare i suoi obblighi di diritto internazionale.

Negli ultimi cinque anni, l’Iran ha fatto ampi sforzi per ostacolare il monitoraggio della situazione dei diritti umani all’interno del paese. Shirini Ebadi e le sei organizzazioni chiedono agli altri paesi di cogliere l’opportunità della prossima sessione del Consiglio Onu dei diritti umani per nominare un Inviato speciale del Segretario generale, col mandato di indagare e riferire sulla condizione dei diritti umani in Iran.

Ulteriori informazioni

Dal 1979, migliaia di donne, uomini e anche bambini sono stati messi a morte per un’ampia serie di presunti reati.

L’art. 6 comma 2 del Patto internazionale sui diritti civili e politici afferma che ‘Negli stati che non hanno abolito la pena di morte, la condanna a morte può essere imposta solo per i crimini più gravi, secondo la legge in vigore all’epoca della loro commissione e in modo non contrario alle disposizioni del presente Patto e della Convenzione per la prevenzione e la punizione del reato di genocidio. Questa punizione può essere eseguita solo dopo un giudizio finale reso da un tribunale competente’.

L’Iran non ha mai firmato il Secondo protocollo aggiuntivo al Patto internazionale sui diritti civili e politici, sull’abolizione della pena di morte, e ha votato contro le risoluzioni dell’Assemblea generale dell’Onu, l’ultima lo scorso dicembre, che chiedono una moratoria sull’uso della pena di morte.

Le organizzazioni per i diritti umani, comprese quelle che rendono nota questa dichiarazione, hanno documentato numerose violazioni dei diritti umani nel corso della detenzione e dei processi, tra cui pressioni fisiche e psicologiche equivalenti a tortura, la coercizione a ‘confessare’ presunti reati, il ricorso all’isolamento e la mancanza di accesso agli avvocati. A ciò si aggiunge che i tribunali rivoluzionari celebrano gran parte dei loro processi a porte chiuse, nonostante l’art. 168 della Costituzione iraniana preveda che i reati ‘politici’ e quelli riguardanti ‘la stampa’ debbano essere giudicati in processi pubblici.

In molti casi, compreso quello di Zahra Bahrami, gli avvocati dei condannati a morte vengono informati solo a esecuzione avvenuta, nonostante la legge richieda un preavviso di 48 ore.

Campagna ‘Un anno per i diritti umani in Iran’
Firma gli appelli per i diritti umani in Iran
Iscriviti alla Rete Iran