Iran, occorre mettere fine a tutte le esecuzioni

11 Ottobre 2009

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Le condanne a morte nei confronti dei dimostranti iraniani devono essere riesaminate

(12 ottobre 2009)

All’alba di domenica 11 ottobre, Behnoud Shojaee, un ragazzo iraniano di 21 anni, condannato a morte per un omicidio commesso quando era minorenne, è stato messo a morte nella prigione di Evin, Teheran. La sentenza capitale emessa nei confronti di Safar Angooti, ventenne accusato di un omicidio commesso quando era minorenne, dovrebbe essere eseguita tra il 19 e il 21 ottobre. Amnesty International ha lanciato un appello chiedendo all’Iran di fermare immediatamente l’esecuzione di Safar Angooti.

L’organizzazione per i diritti umani ha chiesto, inoltre, alle autorità iraniane di annullare la sentenza capitale emessa nei confronti di Mohammad-Reza Ali-Zamani, la prima persona a essere condannata in relazione alle proteste seguite alle contestate elezioni presidenziali.

Zamani, 37 anni, è stato condannato a morte dal Tribunale rivoluzionario di Teheran giovedì 8 ottobre, in quanto ‘nemico di Dio per l’adesione e le attività in favore del gruppo terroristico Anjoman-e Padeshahi-e Iran (Api)’.

L’Api è un gruppo d’opposizione in esilio che chiede la fine della Repubblica islamica e l’istituzione della monarchia in Iran.
Zamani è stato anche accusato di ‘propaganda contro il sistema’, ‘offese alla santità’, ‘riunione e complotto con lo scopo di danneggiare la sicurezza nazionale interna’, così come di aver lasciato il paese illegalmente per andare in Iraq dove, secondo l’accusa, avrebbe incontrato ufficiali dell’esercito statunitense.

Altre 99 persone sono attualmente sotto processo presso il Tribunale rivoluzionario di Teheran per aver fomentato le proteste contro il contestato risultato delle elezioni presidenziali del 12 giugno scorso. Amnesty International considera questo ‘un processo farsa’, ‘una parodia della giustizia’.

Amnesty International teme che la condanna a morte emessa nei confronti di Zamani possa aprire la strada ad altre sentenze capitali per coloro che sono accusati degli stessi reati. Almeno altre 13 persone sono a rischio di esecuzione in Iran.

Akram Mahdavi, 35 anni, è stata condannata a morte nel 2003 per l’uccisione del marito di 74 anni; la sua esecuzione dovrebbe avvenire nei prossimi giorni, anche se il suo avvocato non è stato informato, come richiesto dalla legge iraniana.
A rischio di esecuzione imminente nel carcere di Karoun, nella città di Ahvaz, la capitale della provincia del Khuzestan, ci sono anche sette uomini, membri della minoranza araba Ahwazi, accusati di ‘agire contro la sicurezza nazionale’ e di aver ucciso un religioso antisunnita nel giugno 2007. Secondo fonti iraniane, queste esecuzioni potrebbero avvenire molto presto, con molta probabilità il 14 ottobre, poiché la maggior parte delle esecuzioni degli attivisti politici ad Ahvaz ha avuto luogo di mercoledì.

Si ritiene che Ali Saedi (25), Walid Naisi (23), Majid Fardipour (Mahawi) (26), Doayr Mahawi (50) e suo figlio Maher Mahawi (21), Ahmad Saedi, (28) e Yousuf Leftehpour (25), arrestati nell’agosto del 2007, siano stati tenuti in isolamento per un periodo tra gli otto e i 15 mesi in un centro di detenzione dei servizi di intelligence, dove è molto diffuso il ricorso alla tortura.

Queste persone sono state condannate a morte da una sezione del Tribunale rivoluzionario di Ahvaz il 30 settembre 2009, in seguito a un processo irregolare, nel corso del quale non hanno avuto accesso a un avvocato.
Altri due uomini, noti per essere attivisti politici nella comunità araba Ahwazi, sono stati condannati a un periodo di reclusione, ma respingono le accuse.

Si teme che altri tre uomini, appartenenti alla minoranza curda iraniana, siano a rischio di esecuzione imminente, come rappresaglia a una serie di omicidi e tentati omicidi di ufficiali nella provincia nordoccidentale del Kordestan e che hanno avuto luogo lo scorso settembre.

Habibollah Latifi, Ehsan (Esma’il) Fattahian e Sherko Moarefi sono stati condannati a morte con l’accusa di essere ‘nemici di Dio’, in relazione a diversi casi non collegati tra loro, risalenti a più di due anni fa. Si ritiene che siano rinchiusi nel braccio della morte in una prigione a Sanandaj, la capitale della provincia del Kordestan.

Abbas Hosseini, cittadino afgano, è stato condannato a morte nel giugno del 2004 per l’omicidio di un uomo che aveva tentato di violentarlo nel luglio dell’anno prima. La sua esecuzione era stata posticipata per dare più tempo agli ufficiali per tentare di convincere la famiglia della vittima a perdonarlo in cambio di un risarcimento in denaro (la cosiddetta diyeh o prezzo del sangue).

Amnesty International chiede alle autorità iraniane di mettere fine a tutte le esecuzioni in programma e di commutare tutte le condanne a morte.

Firma gli appelli per i diritti umani in Iran