Iran, quattro uomini condannati per rapina rischiano l’amputazione delle dita

28 Settembre 2020

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La comunità internazionale deve fare tutto ciò che è in suo potere per fermare l’amputazione delle dita di quattro uomini condannati per rapina in seguito a “confessioniforzate e a processi profondamente iniqui.

Secondo le informazioni ottenute dall’organizzazione, le sentenze nei confronti dei quattro uomini, Hadi Rostami (33), Mehdi Sharfian (37), Mehdi Shahivand (42) e Kasra Karami (40), sono state confermate dalla Corte suprema dell’Iran, notificate al centro di esecuzione delle sentenze e potrebbero essere eseguite in qualsiasi momento.

I quattro uomini, attualmente detenuti nella prigione di Urumieh nella provincia dell’Azerbaigian occidentale, sono stati condannati a “subire la completa recisione di quattro dita della mano destra in modo tale da lasciare esclusivamente il palmo della mano e il pollice“, secondo la pena comminata per alcune tipologie di rapina ai sensi dell’articolo 278 del Codice penale islamico dell’Iran.

Eseguire pene così indicibilmente disumane non ha nulla a che vedere con la giustizia e serve solo a evidenziare la crudeltà del sistema giudiziario penale iraniano. L’amputazione rappresenta una forma di tortura, un reato di diritto internazionale e un attacco ripugnante alla dignità umana“, ha dichiarato Diana Eltahawy, vicedirettrice regionale di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa.

Chiediamo alle autorità iraniane di mettere fine immediatamente e incondizionatamente ad atti di crudeltà così scioccanti. La comunità internazionale deve agire urgentemente per assicurare l’annullamento delle sentenze. L’accusa e le autorità giudiziarie responsabili del provvedimento e dell’esecuzione di tali pratiche dovrebbero sapere di essere passibili di procedimenti penali ai sensi del diritto internazionale“, ha aggiunto Eltahawy.

In quanto stato parte del Patto internazionale sui diritti civili e politici e ai sensi del diritto consuetudinario internazionale, l’Iran è giuridicamente obbligato a proibire e punire la tortura – tra cui amputazioni, fustigazioni, accecamento e lapidazioni – in ogni occasione e senza alcuna eccezione.

Torture e processi ingiusti

Kasra Karami era stato condannato all’amputazione delle dita prima dalla Corte penale 1 nella provincia dell’Azerbaigian occidentale il 12 febbraio del 2017. In base alle informazioni in possesso di Amnesty International, tra le quali la documentazione del tribunale, la Sezione 27 della Corte Suprema ha inizialmente annullato la sentenza per la mancata richiesta della parte ricorrente della pena dell’amputazione e aveva rimandato il caso alla stessa corte di prima istanza per ulteriore riesame. La Corte penale 1 nella provincia dell’Azerbaigian occidentale ha reintegrato la sua sentenza il 23 settembre 2017 e a questo punto la Sezione 27 della Corte suprema l’ha confermata, il 10 dicembre 2017. Una successiva richiesta di riesame giudiziario è stata respinta dalla Corte suprema.

Kasra Karami ha detto che, dopo il suo arresto il 12 ottobre 2015, non gli era stato consentito di contattare un legale ed era stato torturato in un penitenziario di Urumieh gestito dall’Unità investigativa della polizia iraniana (agahi) per rilasciare una “confessione” che è stata successivamente utilizzata in maniera illecita come prova contro di lui in tribunale.

Hadi Rostami, Mehdi Sharfian e Mehdi Shahivand sono tutti stati condannati il 19 novembre 2019 all’amputazione delle dita, dopo che la Corte penale 1 nella provincia dell’Azerbaigian occidentale li ha dichiarati colpevoli di essersi introdotti nelle abitazioni di quattro persone e aver rubato casseforti contenenti oro e denaro in contanti. Il loro processo è stato profondamente ingiusto e si è fondato soprattutto su “confessioni” forzate estorte mentre erano detenuti, senza accesso ai loro avvocati, in un centro di detenzione della polizia gestito dall’agahi.

In base alle informazioni ottenute da Amnesty International, almeno uno di loro, Hadi Rostami, ha più volte respinto le accuse nei suoi confronti e ritrattato la sua “confessione” in tribunale, asserendo di averla rilasciata sotto tortura. Sia la Corte penale 1 nella provincia dell’Azerbaigian occidentale che la Sezione 13 della Corte suprema sono venuti meno al loro obbligo di escludere la “confessione” come prova e di disporre delle indagini, sebbene la sentenza della Corte suprema, esaminata da Amnesty International, faccia esplicito riferimento alle accuse di tortura di Hadi Rostami.

Precedenti orribili

Le autorità iraniane hanno costantemente difeso le amputazioni come il miglior strumento di deterrenza nei confronti del furto, rammaricandosi per il fatto che non possano essere praticate in pubblico su vasta scala senza incorrere in una condanna internazionale.

Secondo la Fondazione Abdorrahman Boroumand, organizzazione per i diritti umani con sede negli Usa che lavora sull’Iran, nel periodo tra il 1° gennaio 2000 e il 24 settembre 2020, le autorità iraniane hanno condannato almeno 237 persone all’amputazione e hanno eseguito queste crudeli sentenze in almeno 129 casi. Con tutta probabilità, si ritiene che in molti casi il numero effettivo delle vittime non sia stato registrato.

Si teme che siano decine i detenuti a rischiare l’amputazione in tutto il paese.

Le vittime di amputazioni perlopiù provengono da contesti poveri e vulnerabili. Questa menomazione deliberata spesso li lascia con meno mezzi per trovare lavoro e sostenersi, soprattutto in una società in cui le persone con disabilità fisiche subiscono grandi discriminazioni.