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Il rilascio, avvenuto nella notte tra il 24 e il 25 ottobre, dell’attrice iraniana Marzieh Vafamehr, che rischiava 90 frustate e un anno di carcere per essere apparsa in un film vietato è uno sviluppo positivo che deve però essere seguito dalla scarcerazione di tutti gli altri prigionieri legati al mondo del cinema.
Marzieh Vafamehr era stata arrestata dopo aver preso parte al film australiano ‘La mia Teheran in vendita’, nel quale in due distinte scene era stata ripresa senza velo e intenta a bere alcol. Il rilascio pare dovuto alla riduzione della pena detentiva da un anno a tre mesi e all’annullamento della condanna alla fustigazione.
Negli ultimi mesi numerosi attori e registi sono finiti nel mirino delle autorità iraniane, che tentano in tutti i modi di stroncare ogni forma di dissenso. Le persone ancora in carcere non hanno fatto altro che vendere le loro immagini a emittenti televisive straniere o fare un film su un regista messo al mando. Amnesty International continua a chiedere il loro rilascio immediato e incondizionato.
Tre autori di documentari, Hadi Afarideh, Naser Saffarian, Mohsen Shahrnazdar e il produttore e distributore Katayoun Shahabi sono stati arrestati il 17 settembre 2011 con l’accusa di aver venduto i loro lavori a emittenti straniere, tra cui Bbc Persian, il servizio in lingua persiana della tv britannica.
Le autorità iraniane sostengono che i registi locali non possono collaborare con canali satellitari stranieri senza autorizzazione. Secondo il capo della polizia, Esma’il Ahmadi-Moghaddam, cooperare con la Bbc o con Voce of America equivale a lavorare con agenti stranieri nemici e dev’essere trattato ‘seriamente’.
Hadi Afarideh, Naser Saffarian e Mohsen Shahrnazdar sono stati scarcerati dietro cauzione, mentre Katayoun Shahabi dovrebbe essere ancora in prigione.
Un altro regista arrestato a settembre, Mehran Zinatbakhsh, sarebbe detenuto nella prigione di Evin con accuse ignote.
In carcere si trova anche Mojtaba Mir Tahmasb, arrestato il 17 settembre per aver fatto un documentario sul suo noto collega Jafar Panahi, dal titolo ‘Questo non è un film’, proiettato tra l’altro alla Mostra del cinema di Venezia.
Panahi è stato condannato nel dicembre 2010 a sei anni di carcere per ‘aver agito contro la sicurezza dello stato’ e per ‘propaganda contro il sistema’. Gli è stato inoltre vietato di viaggiare all’estero e di avere contatti coi mezzi d’informazione nazionali e internazionali.
Un altro celebre regista, Mohammad Rasoulof, è stato condannato a sei anni di carcere per accuse simili. In appello, la condanna è stata ridotta a un anno e il divieto di lasciare il paese è stato annullato.
Sia Panahi che Rasoulof rimangono in libertà in attesa dell’applicazione delle rispettive condanne.