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Amnesty International ha sollecitato le autorità irachene a evitare attività militari prive di necessità a campo Ashraf, l’insediamento situato nella provincia di Diyala, 60 chilometri a nord della capitale Baghdad, nel quale vivono circa 3400 esuli e rifugiati iraniani, molti dei quali militanti e simpatizzanti dell’Organizzazione dei mojahedeen del popolo iraniano (Pmoi), fuorilegge in Iran.
Amnesty International ha appreso che all’interno del campo sono in corso nuovi movimenti di truppe e si stanno edificando strutture militari. Secondo il Pmoi, l’esercito iracheno avrebbe eretto un terrapieno al confine settentrionale di campo Ashraf, lungo sei chilometri da est a ovest, sufficientemente largo da essere pattugliato da veicoli militari e contornato da torrette di controllo.
C’è il rischio che i militari iracheni, il cui compito dovrebbe essere quello di proteggere i residenti del campo, diano luogo a una nuova azione offensiva, dopo quella che l’8 aprile ha provocato 34 morti, tra cui sei donne, e molti feriti. Nell’intento di assumere un maggiore controllo del campo e domare una presunta rivolta, l’esercito di Baghdad ha aperto il fuoco ad altezza d’uomo, in alcuni casi anche dopo aver inseguito le persone in fuga.
Alcune delle persone arrestate l’8 aprile e poi rilasciate il 14 hanno riferito ad Amnesty International di essere state picchiate e minacciate di essere deportate in Iran.
Amnesty International continua a chiedere alle autorità irachene di non sgomberare o rinviare in Iran i residenti di campo Ashraf, alcuni dei quali sono rifugiati e dunque correrebbero un rischio ancora maggiore di subire violazioni dei diritti umani se espulsi verso l’Iran.