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Le autorità irachene devono assumersi le proprie responsabilità e agire immediatamente e in maniera efficace per porre fine alla crescente campagna di molestie, intimidazioni, rapimenti e uccisioni intenzionali di attivisti e manifestanti a Baghdad e in altre città.
In base alle testimonianze che abbiamo raccolto sul campo di nove attivisti, dimostranti e parenti di attivisti scomparsi da Baghdad, Kerbala e Diwaniya nel paese è in corso una “campagna di terrore” e “nessun posto è sicuro” dopo che vari dimostranti e attivisti sono stati uccisi o rapiti e sono vittime di sparizioni forzate nelle scorse due settimane, perlopiù mentre erano di ritorno a casa dalle manifestazioni. Altri manifestanti sono riusciti a scappare dopo che avevano aperto il fuoco contro di loro.
“L’assoluta inattività delle autorità nelle ultime settimane ha aperto la strada a questa nuova terribile fase di un chiaro tentativo di mettere a tacere le proteste in Iraq seminando paura tra la popolazione. La mancanza di azione del governo indica quantomeno accettazione e in alcuni casi complicità nelle sparizioni forzate, torture e omicidi di persone che scendono in strada per rivendicare i propri diritti umani” ha dichiarato in una nota ufficiale Lynn Maalouf, direttrice delle ricerche sul Medio Oriente di Amnesty International.
“Il fatto che il governo si sia dimesso non significa che possa rinunciare alle sue responsabilità. Resta l’autorità principalmente responsabile della protezione di ciascuna persona nel paese, compresi i manifestanti a cui deve essere consentito di riunirsi in maniera pacifica senza timore di subire ripercussioni, né tantomeno di essere rapiti o colpiti da armi da fuoco“.
Attivisti e manifestanti hanno segnalato una serie di tentativi di omicidi nei confronti dei dimostranti, in particolare di coloro che tornavano a casa dai luoghi della manifestazione nella scorsa settimana. Secondo i dimostranti, l’individuazione casuale degli obiettivi tra attivisti e dimostranti ha generato un’atmosfera di terrore. Un manifestante ha spiegato “Stiamo tutti cercando di capire quale sia il sistema, ma quando un manifestante ordinario e un attivista di spicco sono parimenti individuati come obiettivo, esiste un solo sistema, ovvero terrorizzare tutti, prendere tutti di mira“.
L’8 dicembre l’attivista Fahem al-Tai sarebbe stato ucciso nella città meridionale di Kerbala, mentre il corpo di un altro attivista, Ali Najm al-Lami, è stato scoperto a Baghdad nelle prime ore dell’11 dicembre con ferite di arma da fuoco alla testa. Secondo gli attivisti e i testimoni sentiti da Amnesty International, Ali, che veniva dalla provincia di Al-Wasit, stava facendo rientro a casa di parenti dalle proteste di piazza Tahrir.
Un altro testimone oculare ci ha informato del fatto che all’inizio di questa settimana uomini con il volto coperto in un’auto avevano sparato a tre manifestanti che stavano rientrando verso la zona orientale di Baghdad da Piazza Tahrir e due di essi sono rimasti feriti.
Un altro manifestante, di Baghdad, ha dichiarato: “Ci hanno sparano, ci hanno tenuto sotto tiro e adesso ci aspettano nei vicoli e vicino alle nostre case… Prima dell’inizio di queste sparatorie, abbiamo avuto una settimana che abbiamo chiamato ‘le notti dei coltelli’. Uomini e ragazzi, in borghese, si presentavano come manifestanti e iniziavano a creare scontri. Ne ho visto uno che cercava di assaltare sessualmente una manifestante e quando i ragazzi attorno hanno provato a intervenire per fermarlo, lui ha iniziato gli scontri. Improvvisamente, i manifestanti sono stati colpiti e nel caos tre manifestanti sono stati accoltellati; nessuno conosce l’autore o gli autori del gesto“.
Un manifestante proveniente da Diwaniya ha descritto come insieme a un altro dimostrante fossero riusciti a scappare da uomini armati che avevano esploso sei o sette colpi verso la loro automobile dopo che li avevano fermati e avevano chiesto loro di scendere dal veicolo. Inoltre, ha dichiarato di aver informato le autorità locali indicando delle telecamere a circuito chiuso nel luogo dei fatti ma gli era stato detto che le telecamere non funzionavano. In seguito, funzionari hanno confermato ai testimoni che gli uomini armati facevano parte della polizia locale.
Per quanto riguarda le sparizioni e i rapimenti, l’attivista per l’ambiente e dimostrante ventottenne Salman Khairallah Salman insieme a un altro manifestante sono stati vittime di sparizioni forzate l’11 dicembre nel quartiere di al-Kadhmiyah a Baghdad, dove si erano recati per acquistare alcune tende per i manifestanti a Piazza Tahrir.
Secondo i parenti di Salman, i due uomini non hanno più risposto al telefono a partire da mezzogiorno e dalle 3 del pomeriggio i loro telefoni risultavano spenti. Da allora non hanno più notizie di loro, nonostante si siano rivolti alle autorità locali. Hanno dichiarato: “Salman aveva ricevuto alcune minacce indirette circa due settimane fa secondo le quali lo tenevano d’occhio… ma non gli aveva dato credito“.
I parenti ci hanno riferito che i due uomini potrebbero trovarsi nella struttura penitenziaria dell’aeroporto di Al-Muthana di Baghdad per un interrogatorio.
Un’altra manifestante di Kerbala ha detto ad Amnesty International che l’8 dicembre uomini coperti in volto su una motocicletta hanno cercato di farla salire con la forza su un fuoristrada nero quando stava lasciando le proteste in corso vicino largo Tarbiya. Ha spiegato che all’inizio della settimana un autista le aveva fatto delle domande sulle sue attività nella raccolta di donazioni e assistenza medica per i manifestanti in città.
“È inimmaginabile il livello di paura che tutti proviamo adesso. Tuttavia, scappare non serve. Naturalmente, sanno dove vivono gli attivisti. Sanno dove si trovano le nostre famiglie” ha dichiarato ad Amnesty International un manifestante di Baghdad.
“[Le persone armate] sono ovunque ma non riusciamo a vederle. Ci sono strade [a Baghdad] che i dimostranti evitano completamente perché le persone spariscono nei vicoli. Ci sono manifestanti che non lasciano Piazza Tahrir da settimane perché non vogliono correre il rischio rientrando a casa“, ha aggiunto un altro dimostrante di Baghdad.
Alcuni manifestanti vittime di sparizione forzata il 6 dicembre nella zona di al-Sinek a Baghdad dopo essere arrivati in città da Kerbala sono stati rilasciati l’11 dicembre. Alcuni filmati dei manifestanti rilasciati che arrivano a Kerbala li mostrano con lividi e incapaci di camminare senza aiuto. Un testimone ha descritto uno dei dimostranti rilasciati: “Era blu in viso. Era stato evidentemente picchiato“.
I manifestanti hanno lamentato il silenzio delle autorità su rapimenti e attentati nei confronti dei dimostranti, e uno di loro ha aggiunto: “È incredibile che tutti i filmati delle telecamere a circuito chiuso non abbiano portato a un solo arresto. Il governo si è dimesso e sembra aver dimenticato di avere ancora l’obbligo di proteggere le persone“.
“La comunità internazionale deve urgentemente far sentire la propria voce e affrontare questa situazione allarmante in Iraq, considerato che sta prendendo una nuova pericolosa piega e rischia di peggiorare ulteriormente. La popolazione irachena soffre da tanto tempo e troppo per questi continui cicli di violenza. Occorre fermarli” ha dichiarato Lynn Maalouf.
Facciamo appello alle autorità irachene affinché mettano fine alla campagna inarrestabile di intimidazioni nei confronti dei dimostranti in tutto il paese. Dallo scoppio delle proteste il 1° ottobre, l’organizzazione ha documentato rapimenti e sparizioni forzate, l’uso di armi letali da parte delle forze di sicurezza, tra le quali munizioni vere contro manifestanti pacifici, e l’uso di candelotti di gas lacrimogeno utilizzato a scopi militari che hanno provocato orribili ferite mortali.