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Una delegazione di Amnesty International, arrivata in Iraq alla fine di aprile e guidata dal segretario generale Salil Shetty, ha visitato il centro di detenzione per sospetti terroristi di Ameriyat al-Fallujah, nella provincia di Anbar, a ovest della capitale Baghdad. Nel centro, diretto dal Mukafahat al-Irhab, l’agenzia nazionale antiterrorismo, si trovano attualmente 683 detenuti ancora in attesa di essere incriminati, accatastati in celle minuscole ricavate da un complesso industriale in disuso, obbligati a rimanere nella stessa posizione per ore, impossibilitati a stendere i muscoli o a sdraiarsi per dormire e quasi mai autorizzati a uscire dalle celle.
I detenuti sono stati arrestati in strada o presi nelle loro abitazioni non appena le forze irachene hanno riassunto il controllo delle città e dei villaggi della provincia, strappandola allo ‘Stato islamico’. I detenuti sono accusati di aver collaborato col gruppo armato, spesso per la semplice circostanza che non avevano lasciato le loro case. Altre centinaia di detenuti si trovano in un altro centro di detenzione improvvisato ad Habbaniya.
Le forze locali anti-terrorismo con cui ha parlato Amnesty International hanno lamentato l’assenza di risorse e di formazione sul trattamento dei detenuti: giustificazioni inaccettabili secondo l’organizzazione per i diritti umani che, pur avendo ben presente le minacce alla sicurezza che l’Iraq sta affrontando, a causa dei quotidiani attacchi mortali da parte dello ‘Stato islamico’, non ritiene che ciò debba esonerare le autorità di Baghdad dal proteggere i diritti umani di tutti gli iracheni.
Nel corso della sua visita in Iraq, Amnesty International si è anche recata in diversi campi per sfollati interni nella zona di Ameriyat al-Fallujah. Intere famiglie vi si trovano ai limiti della sopravvivenza, dopo essere scampate alla violenza dello ‘Stato islamico’, con scarsi aiuti umanitari e forte carenza di medicinali e cibo.