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Amnesty International ha sollecitato il governo iracheno a porre fine alle intimidazioni nei confronti degli esuli iraniani che vivono a Camp Ashraf, a nord della capitale Baghdad, consentendo loro di avere libero accesso a cure mediche e aiuti umanitari.
Dopo mesi di pressioni, il governo dell’Iraq pare intenzionato a porre fine alla struttura, che ospita circa 3400 esuli iraniani, molti dei quali membri e simpatizzanti dell’Organizzazione dei mojahedeen del popolo iraniano, che vi trovarono riparo sotto il regime di Saddam Hussein.
Il 25 giugno, durante una visita in Iran, il presidente iracheno Jalal Talabani ha annunciato che Camp Ashraf sarebbe stato chiuso entro la fine del 2011 e che un comitato tripartito, composto da rappresentanti iracheni, iraniani e della Croce rossa, si sarebbe occupato di ‘smantellare questo campo di terroristi’. Il ministro degli Esteri iracheno, Hoshvar Zebari ha confermato l’intenzione, mentre il Comitato internazionale della Croce rossa ha smentito qualsiasi coinvolgimento.
Dopo l’invasione dell’Iraq nel 2003, il campo e i suoi residenti vennero posti sotto protezione statunitense, fino alla metà del 2009. Il 28 e 29 luglio di quell’anno, le forze irachene fecero irruzione nel campo, uccidendo almeno nove persone e ferendone un numero più elevato; 36 persone vennero arrestate e torturate per poi essere rilasciate il 7 ottobre in pessime condizioni di salute, a seguito di uno sciopero della fame.
L’8 aprile di quest’anno le forze irachene sono entrate nuovamente a Camp Ashraf, uccidendo almeno 36 persone, tra cui otto donne, e ferendone oltre 300. A seguito delle proteste internazionali, il governo di Baghdad ha annunciato l’istituzione di una commissione d’inchiesta, delle cui conclusioni non si è più appreso nulla.
Da allora, i residenti che hanno bisogno di cure mediche specializzate, quali quelle per curare il cancro, trovano estrema difficoltà nell’uscire dal campo. Il Comitato Ashraf, istituito dal governo iracheno per controllare i movimenti di beni e persone in entrata e in uscita dal campo, ha spesso negato queste autorizzazioni. Almeno cinque persone, rimaste ferite l’8 aprile, sono morte a seguito di tale rifiuto o perché il permesso di uscire dal campo era giunto con troppo ritardo. L’evidente obiettivo delle autorità irachene pare essere quello di rendere la vita impossibile ai residenti di Camp Ashraf e costringerli dunque a lasciarlo.
Amnesty International continua a chiedere assicurazioni al governo iracheno affinché non sia intrapresa alcuna azione per costringere i residenti di Camp Ashraf a rientrare in Iran, dove correrebbero grandi rischi di subire torture e altre violazioni dei diritti umani a causa della loro adesione all’Organizzazione dei mojahedeen del popolo iraniano, che nei decenni scorsi condusse la lotta armata contro il governo dell’Iran.