Israele, sospeso lo sciopero della fame dei detenuti palestinesi

16 Maggio 2012

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Circa 2000 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane hanno sospeso lo sciopero della fame che durava da un mese, dopo che Israele ha accettato di attuare alcune misure per migliorare le condizioni di prigionia: un passo che secondo Amnesty International va nella direzione del rispetto degli obblighi internazionali in materia di diritti umani da parte di Israele.

Tra le varie misure concordate grazie all’accordo mediato dall’Egitto, Israele ha sospeso l’isolamento per 19 prigionieri (durato fino a 10 anni) e ha tolto il divieto di visite familiari per i prigionieri della Striscia di Gaza, in vigore dal 2007.

‘Ci auguriamo di essere di fronte a un nuovo approccio da parte di Israele, basato sul rispetto dei diritti umani dei prigionieri. Resta il fatto che 2000 persone non avrebbero dovuto mettere in gioco la loro vita per ottenere il rispetto di diritti che le autorità israeliane violavano da anni’- ha dichiarato Ann Harrison, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

Amnesty International e le organizzazioni locali per i diritti umani hanno denunciato ripetute violazioni dei diritti umani da parte del Servizio delle prigioni (Ips) ai danni dei prigionieri in sciopero della fame, tra cui periodi di isolamento, multe, diniego di cure mediche urgenti, di accesso a medici indipendenti e di visite familiari, aggressioni fisiche e trattamento coatto, incluse le iniezioni, contro la volontà dei detenuti.

Su tali violazioni dei diritti umani Amnesty International ha chiesto l’apertura di un’indagine completa, indipendente e imparziale che chiami i responsabili a rispondere del loro operato.

‘I prigionieri ricoverati nella struttura sanitaria dell’Ips a Ramleh, che hanno trascorso in sciopero della fame dalle sei alle 11 settimane, dovranno essere trasferiti immediatamente in un ospedale civile fino a quando le loro vite cesseranno di essere in pericolo’ – ha aggiunto Harrison.

Molti dei prigionieri che avevano intrapreso lo sciopero della fame erano in detenzione amministrativa.

Amnesty International continua a chiedere la fine di questo istituto, in base al quale i palestinesi che sono ritenuti costituire una minaccia per la sicurezza possono essere imprigionati sulla base di un ordine militare per un periodo di sei mesi, rinnovabile a tempo indeterminato. La detenzione amministrativa si basa su informazioni segrete, non disponibili per i detenuti e i loro avvocati, che in questo modo non possono contestarne la legittimità.

Alla fine di aprile, secondo dati dell’Ips, i palestinesi in detenzione amministrativa erano 308. Amnesty International ritiene che alcuni di essi siano prigionieri di coscienza che dovrebbero essere immediatamente rilasciati. Gli altri dovrebbero essere processati secondo gli standard internazionali per un reato riconosciuto o essere a loro volta rilasciati.

‘L’impegno che Israele avrebbe assunto di non rinnovare gli ordini di detenzione amministrativa in vigore a meno che non vi siano nuove importanti informazioni riguardo ai prigionieri che vi sono sottoposti, pur non soddisfacendo in pieno le raccomandazioni di Amnesty International, costituirebbe un primo passo verso il rispetto degli obblighi internazionali di Israele in materia di diritti umani’ – ha concluso Harrison.