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Il governo israeliano ha avviato una campagna per chiedere alle Nazioni Unite di prendere le distanze dal rapporto della Commissione internazionale di accertamento dei fatti sul conflitto di Gaza del 2008-2009, in quello che Amnesty International ha definito ‘un cinico tentativo di evadere le responsabilità per i crimini di guerra e negare giustizia e riparazione alle vittime palestinesi e israeliane del conflitto’.
Secondo i principali leader politici israeliani, il commento del giudice Richard Golstone pubblicato dal Washington Post il 1° aprile farebbe giustizia della condotta delle forze armate di Israele durante l’operazione ‘Piombo fuso’. Si tratta, per Amnesty International, di una deliberata cattiva interpretazione dei commenti del giudice Goldstone. La comunità internazionale dovrebbe respingere questi tentativi di evadere le responsabilità e agire per affermare la giustizia internazionale, come già fatto nel caso della Libia, del Sudan e di altre situazioni in cui sono stati commessi crimini di guerra e possibili crimini contro l’umanità.
La Commissione internazionale di accertamento dei fatti, composta dal giudice Goldstone e da altri tre eminenti giuristi internazionali, aveva preso in esame le violazioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario commesse da tutte le parti coinvolte nel conflitto del 2008-2009. Nelle conclusioni, raggiunte nel settembre 2009 e simili a quelle cui erano pervenute Amnesty International, altre organizzazioni per i diritti umani e osservatori indipendenti, la Commissione aveva chiesto alle autorità israeliane e palestinesi di condurre inchieste credibili e indipendenti sulle denunce di crimini di guerra e possibili crimini contro l’umanità entro sei mesi, scaduti invano i quali la materia avrebbe potuto essere deferita dal Consiglio di sicurezza alla Corte penale internazionale.
Le raccomandazioni del rapporto della Commissione riguardanti i possibili meccanismi della giustizia internazionale sono rimaste inattuate nei successivi 18 mesi, sebbene né Israele né l’amministrazione de facto di Hamas a Gaza non abbiamo condotto inchieste rapide, esaustive, indipendenti, imparziali ed efficaci, come richiesto dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, il ministro della Difesa Ehud Barak e altri leader politici israeliani hanno usato le affermazioni del giudice Goldstone secondo il quale l’esercito israeliano non avrebbe intenzionalmente preso di mira i civili e avrebbe condotto alcune indagini, per chiedere il ritiro dell’intero rapporto della Commissione o, nelle parole del primo ministro Netanyahu, ‘gettarlo nel cestino della storia’. Questa linea è stata spalleggiata dal Dipartimento di stato Usa, il cui portavoce ha affermato che il governo statunitense non ha riscontrato alcuna prova di crimini di guerra commessi dall’esercito israeliano durante il conflitto.
Come sottolineato da un portavoce del Consiglio Onu dei diritti umani, le dichiarazioni fatte in un articolo di giornale non forniscono una prova legale sufficiente per rigettare un rapporto discusso e fatto proprio sia dall’Assemblea generale che dallo stesso Consiglio. Tantomeno la forniscono le dichiarazioni interessate dei leader israeliani, alcuni dei quali facevano parte del gabinetto di guerra che prese le decisioni politiche durante l’operazione ‘Piombo fuso’, in cui circa 1400 palestinesi (tra cui circa 300 bambini) vennero uccisi dalle forze israeliane. Annullare il cammino verso una soluzione che chiamerebbe in causa la giustizia internazionale precluderebbe ogni possibilità di giustizia e di riparazione anche per le vittime israeliane del conflitto, colpite da centinaia di razzi e colpi di mortaio lanciati in modo indiscriminato contro il sud d’Israele dall’ala militare di Hamas e da altri gruppi armati palestinesi di Gaza.
Amnesty International ha monitorato e criticato le inchieste condotte dall’esercito israeliano sul proprio operato durante l’operazione ‘Piombo fuso’ e ha condannato sia la mancanza di inchieste da parte di Hamas sia il continuo lancio indiscriminato, ancora in corso, di razzi contro il sud d’Israele.
Data l’assenza, dall’una e dall’altra parte, di inchieste adeguate e indipendenti per accertare le responsabilità e dare giustizia alle vittime, Amnesty International ha chiesto a una serie di soggetti internazionali di raggiungere tali obiettivi attraverso il sistema della giustizia internazionale.
In particolare, Amnesty International ha chiesto all’Assemblea generale dell’Onu di esaminare il rapporto della Commissione d’accertamento dei fatti nella sua 66ma sessione, che inizierà a settembre, per poi sottoporre tale rapporto al Consiglio di sicurezza con la raccomandazione che quest’ultimo riferisca la situazione al Procuratore della Corte penale internazionale. Questa raccomandazione è stata già inserita in una risoluzione adottata dal Consiglio Onu dei diritti umani il 25 marzo.
Amnesty International ha inoltre sollecitato il Procuratore della Corte penale internazionale a chiedere un parere legale alla Camera preprocessuale sulla possibilità di avviare un’indagine sulla base della dichiarazione fatta nel 2009 dell’Autorità palestinese con cui ha accettato la giurisdizione della Corte per i crimini commessi in territorio palestinese.
Infine, Amnesty International ha chiesto alle autorità di altri stati di esercitare la giurisdizione universale per i crimini di guerra commessi nel corso del conflitto di Gaza del 2008-2009, così come l’organizzazione la sollecita abitualmente su crimini di guerra commessi in altri conflitti in cui le autorità nazionali non possono o non vogliono agire.
Ulteriori informazioni
In un commento a titolo personale, il giudice Goldstone ha messo a confronto le inchieste svolte dalle autorità militari israeliane sulle presunte violazioni commesse dalle forze armate, con l’assenza di indagini da parte dell’amministrazione de facto di Hamas sulle presunte violazioni commesse dai gruppi armati palestinesi di Gaza. Egli ha inoltre scritto che le inchieste militari israeliane indicano che ‘non vi sia stata una politica di colpire intenzionalmente la popolazione di Gaza’.
Sebbene le sue affermazioni mettano in discussione una delle conclusioni del rapporto della Commissione internazionale di accertamento dei fatti (ovvero, che determinati attacchi israeliani durante l’operazione ‘Piombo fuso’ siano stati intenzionalmente diretti contro i civili), il commento del giudice Goldstone non costituisce in alcun modo una ritrattazione dell’intero rapporto della Commissione, gli altri tre membri della quale, peraltro, non hanno fatto analoghe dichiarazioni pubbliche.
Il rapporto della Commissione aveva preso in considerazione 11 casi in cui le forze israeliane avevano lanciato attacchi diretti contro i civili, che avevano causato morti tra la popolazione civile, giungendo alla conclusione che in questi attacchi ‘la condotta delle forze armate israeliane costituisce una grave violazione della Quarta Convenzione di Ginevra per quanto attiene a uccisioni intenzionali e a procurare intenzionalmente grandi sofferenze alle persone protette e in quanto tale pone le basi per la responsabilità penale individuale’.
Il commento del giudice Goldstone sul Washington Post menziona solo uno degli 11 episodi, un attacco che il 5 gennaio 2009 uccise 21 membri della famiglia al-Sammouni, su cui è ancora in corso un’inchiesta militare israeliana. Stabilire quali specifici attacchi israeliani nei confronti di obiettivi civili siano stati intenzionali è estremamente difficile poiché le autorità militari israeliane non hanno messo a disposizione prove che consentirebbero a osservatori indipendenti di giungere a una conclusione. Amnesty International non ha mai affermato che le forze armate israeliane abbiano avuto o eseguito una ‘politica’ di colpire intenzionalmente la popolazione civile palestinese, quanto piuttosto che le loro regole d’ingaggio e azioni durante il conflitto non hanno attuato sufficienti precauzioni per ridurre al minimo le perdite civili. I recenti commenti del giudice Goldstone non mettono in discussione questo aspetto.
Amnesty International, la Commissione internazionale di accertamento dei fatti e altre organizzazioni per i diritti umani hanno documentato molte altre gravi violazioni da parte delle forze israeliane, compresi crimini di guerra, durante il conflitto: attacchi indiscriminati, l’uso del fosforo bianco e delle ‘flechette’ nelle aree popolate dai civili, attacchi a strutture delle Nazioni Unite, attacchi a presidi e personale sanitario e l’uso dei civili palestinesi come ‘scudi umani’. Le autorità israeliane hanno aperto inchieste su alcuni di questi casi ma tutte le inchieste sono state condotte dai militari e supervisionate dalla Procura generale militare, lo stesso organismo che durante l’operazione ‘Piombo fuso’ doveva fornire consulenza legale all’esercito israeliano.
Come notato nel recente rapporto del Comitato Onu di esperti indipendenti, istituita per seguire e valutare le inchieste, Israele non ha posto sotto inchiesta le azioni di ‘coloro che hanno disposto, pianificato, ordinato e supervisionato l’operazione ‘Piombo fuso'”; le inchieste militari israeliane sono state prive di trasparenza e più di un terzo dei casi illustrati nel rapporto della Commissione internazionale di accertamento dei fatti restano ‘irrisolti o poco chiari’. Ad oggi, solo quattro soldati israeliani sono stati incriminati per crimini relativi all’operazione ‘Piombo fuso’ e un soldato ha trascorso un periodo in carcere per aver rubato una carta di credito.
Le valutazioni di Amnesty International coincidono con quelle del Comitato Onu di esperti indipendenti. A oltre due anni dal conflitto, se si esaminano da un punto di vista obiettivo e indipendente, le inchieste israeliane non possono essere definire in alcun modo adeguate, indipendenti o efficaci per portare di fronte alla giustizia i presunti responsabili di violazioni dei diritti umani.