Israele/Tpo: occorre giustizia internazionale per tutte le vittime

11 Dicembre 2025

©️ Noam Cohen

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Al termine dell’Assemblea degli stati parte della Corte penale internazionale, svoltasi all’Aja, Amnesty International ha chiesto agli stati di dimostrare il loro impegno per la giustizia internazionale assicurando che le vittime dei crimini di guerra, dei crimini contro l’umanità e del genocidio nel Territorio palestinese occupato e in Israele vedano i responsabili chiamati a risponderne.

“Il sistema di giustizia Internazionale è sotto attacco ed è di fronte a minacce alla sua esistenza. Non c’è maggiore banco di prova della situazione in Israele e nel Territorio palestinese occupato. Gli stati devono dimostrare il loro impegno per la giustizia internazionale sostenendo organismi come la Corte penale internazionale e proteggendo la possibilità che essa giudichi i responsabili di crimini internazionali”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

Amnesty International ha ampiamente documentato come Israele abbia commesso e stia continuando a commettere il crimine di genocidio contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza, persino dopo il cessate il fuoco, e come il suo sistema di apartheid costituisca un crimine contro l’umanità.

Oggi l’organizzazione per i diritti umani ha pubblicato un’approfondita ricerca sui crimini di guerra e sui crimini contro l’umanità commessi da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi durante e dopo gli attacchi lanciati il 7 ottobre 2023.

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“I leader mondiali hanno accolto con favore la risoluzione adottata il mese scorso dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul piano per una pace sostenibile nella Striscia di Gaza. Ma decenni di crimini internazionali non possono essere nascosti sotto il tappeto proprio mentre gli accordi in essere ignorano la ricerca delle responsabilità e rafforzano l’ingiustizia. Verità, giustizia e riparazioni sono le fondamenta di una pace duratura”, ha aggiunto Callamard.

“Chiediamo a tutte le parti coinvolte in Israele e nel Territorio palestinese occupato, così come alla comunità internazionale che nutre preoccupazione per le evidenti mancanze insite nella risoluzione del Consiglio di sicurezza, di sviluppare e impegnarsi a realizzare una roadmap verso la giustizia e le riparazioni, i cui obiettivi siano da un lato la fine del genocidio israeliano, del sistema di apartheid e dell’occupazione illegale del territorio palestinese e dall’altro la persecuzione dei crimini internazionali commessi da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi”, ha proseguito Callamard.

Per garantire una giustizia genuina, efficace e significativa e la non ripetizione dei crimini internazionali, Amnesty International ha raccomandato che questa roadmap si fondi sulla complementarità di più istituzioni e meccanismi giudiziari.

Le indagini della Corte penale internazionale sui crimini commessi dal lato israeliano e da quello palestinese devono andare avanti senza essere ostacolate e prendere in considerazione tanto il genocidio e il crimine contro l’umanità di apartheid da parte israeliana quanto i crimini commessi dai gruppi armati palestinesi prima, durante e dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023 in modo da assicurare che tutte le singole persone – per lo meno, quelle ancora in vita tra le principali responsabili – siano portate di fronte alla giustizia.

La roadmap dovrebbe impegnare gli stati a sostenere e a collaborare pienamente con organismi quali la Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite e la stessa Corte penale internazionale. Gli stati dovrebbero eseguire i mandati d’arresto della Corte e fare tutti i passi necessari per assicurare l’annullamento delle sanzioni e delle restrizioni imposte alle organizzazioni palestinesi per i diritti umani, che da decenni documentano le violazioni del diritto internazionale e ne rappresentano tutte le vittime.

Parallelamente ai meccanismi internazionali, gli stati possono tratteggiare un nuovo corso per la pace basato sulla giustizia attraverso gli organi giudiziari nazionali, la giurisdizione universale o ulteriori forme di giurisdizione penale extraterritoriale per i crimini commessi nel Territorio palestinese occupato e in Israele.

“Le vittime delle atrocità in Israele e nel Territorio palestinese occupato meritano una giustizia autentica. Questo significa non solo vedere i responsabili processati e condannati ma anche assicurare rimedi effettivi e sviluppare garanzie di non ripetizione. Non c’è alcun dubbio che questi siano passi cruciali verso una pace e una sicurezza che durino nel tempo”, ha commentato Callamard.

Il genocidio israeliano tuttora in corso, l’apartheid e l’occupazione illegale

Trascorsi due mesi dall’annuncio del cessate il fuoco e rientrati in Israele tutti gli ostaggi ancora in vita, le autorità israeliane stanno ancora commettendo nella totale impunità il crimine di genocidio nei confronti della popolazione palestinese della Striscia di Gaza occupata, continuando a sottoporla deliberatamente a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, senza alcun segnale di un cambiamento nelle loro intenzioni.

Amnesty International ha recentemente pubblicato un’analisi giuridica della situazione in atto che dimostra come il genocidio stia continuando, unita a testimonianze di abitanti della Striscia di Gaza e di personale medico e umanitario che hanno evidenziato le drammatiche condizioni in cui versa la popolazione palestinese.

Nonostante una riduzione dell’intensità degli attacchi e alcuni limitati miglioramenti, non c’è un significativo cambiamento delle condizioni cui Israele sta sottoponendo la popolazione della Striscia di Gaza e non vi è alcuna prova che le intenzioni israeliane stiano mutando.

Almeno 327 persone, tra le quali 136 minorenni, sono state uccise dagli attacchi israeliani a partire dal 9 ottobre 2025, giorno in cui è stato annunciato il cessate il fuoco. Nel contesto del genocidio ancora in corso da oltre due anni, Israele ha intenzionalmente ridotto alla fame i civili palestinesi e limitato – nonostante alcuni modesti miglioramenti – l’accesso ad aiuti fondamentali e a forniture di soccorso, quali quelle mediche e le attrezzature necessarie per riparare infrastrutture indispensabili per la vita umana. Ha sottoposto la popolazione civile palestinese a successive ondate di trasferimenti forzati in condizioni inumane che hanno acuito la sua catastrofica sofferenza. Complessivamente almeno 70.000 persone palestinesi sono state uccise e 200.000 sono rimaste ferite, molte delle quali in un modo grave e che ha cambiato la loro vita.

La probabilità oggettiva che le attuali condizioni possano causare la distruzione della popolazione palestinese della Striscia di Gaza persiste tuttora. Ciò nonostante, le autorità israeliane non hanno mostrato un cambiamento nelle loro intenzioni: hanno ignorato tre serie di decisioni vincolanti della Corte internazionale di giustizia e non hanno indagato né sottoposto a procedimenti giudiziari le persone sospettate di atti di genocidio o chiamato a rispondere le autorità e i funzionari che hanno fatto dichiarazioni genocidarie. Le autorità responsabili della direzione e della commissione del genocidio restano al potere, con la garanzia di poter continuare a commettere atrocità.

Il genocidio israeliano contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza va collocato nel contesto di una pervasiva impunità per il crimine contro l’umanità di apartheid tuttora in corso e di decenni di occupazione illegale del territorio palestinese.

“È in questo scenario di apartheid e occupazione illegale che Israele ha intenzionalmente causato una carestia di massa, un bagno di sangue senza precedenti, livelli apocalittici di distruzione e massicci sfollamenti forzati e ha intenzionalmente bloccato l’aiuto umanitario: tutti esempi del crimine in corso di genocidio”, ha commentato Callamard.

In Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, il crudele sistema di apartheid israeliano e l’occupazione illegale costano assai caro alla popolazione palestinese. Le operazioni militari israeliane, compresi gli attacchi aerei, hanno causato l’uccisione di almeno 995 persone palestinesi tra le quali almeno 219 minorenni, lo sfollamento di decine di migliaia di esse ed estesi danni a infrastrutture civili essenziali, ad abitazioni e a terreni agricoli.

Negli ultimi due anni c’è stato un aumento degli attacchi dei coloni sostenuti dallo stato israeliano, che hanno causato morti, feriti e sfollamenti tra la popolazione palestinese. L’Ufficio di coordinamento per gli affari umanitari delle Nazioni Unite ha documentato, dal gennaio 2025, oltre 1600 attacchi dei coloni che hanno causato danni alle persone o a proprietà. Le comunità di pastori dell’area C sono quelle più colpite da questa ondata di incessante violenza sostenuta dallo stato israeliano. Nonostante le condanne internazionali e alcuni provvedimenti restrittivi adottati da stati terzi contro singoli coloni e loro organizzazioni, la violenza continua a crescere a causa del sostegno del governo israeliano e della pressoché totale impunità di cui beneficiano i coloni.

Il piano di pace Trump è l’ultima di una serie di iniziative fatalmente manchevoli, che cercano di proporre “soluzioni” che ignorano il diritto internazionale premiando così implicitamente Israele per la sua occupazione illegale, i suoi insediamenti illegali e il suo sistema di apartheid che sono le cause di fondo delle continue atrocità inflitte alla popolazione palestinese.

Le condizioni stabilite durante l’attuale cessate il fuoco rafforzano ulteriormente il sistema israeliano di apartheid e l’occupazione illegale così come l’ingiustizia. L’imposizione, da parte israeliana, di un “perimetro di sicurezza” (una zona cuscinetto) nella Striscia di Gaza rischia di rendere permanente l’illegale occupazione israeliana e priva la popolazione palestinese delle sue terre più fertili, così come di perpetuare la frammentazione territoriale che puntella il sistema israeliano di apartheid impedendo la libertà di movimento delle persone palestinesi verso l’altra parte del territorio occupato.

Analogamente, beneficiano dell’impunità le forze israeliane responsabili delle detenzioni arbitrarie, delle sparizioni e della sistematica tortura delle persone prigioniere palestinesi. Di recente il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura ha descritto una “politica statale de facto di maltrattamenti e torture organizzati e diffusi, gravemente intensificatasi dal 7 ottobre 2023” e ha espresso forte preoccupazione per le “ampie denunce di violenza sessuale nei confronti di prigioniere e prigionieri palestinesi, che costituiscono maltrattamenti e torture”.

“L’ostinata mancanza di azione da parte della comunità internazionale per chiamare Israele a rispondere dei suoi crimini internazionali e premere affinché aderisca alle raccomandazioni dai meccanismi delle Nazioni Unite e delle organizzazioni internazionali per i diritti umani ha rafforzato l’occupazione illegale e l’apartheid e ha direttamente permesso a Israele di compiere il crimine di genocidio contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza”, ha ribadito Callamard.

Crimini contro l’umanità commessi da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi

È a sua volta fondamentale assicurare giustizia per i crimini commessi dai gruppi armati palestinesi. A oltre due anni distanza, continuano a emergere resoconti delle atrocità da loro commessi durante gli attacchi del 7 ottobre 2023 guidati da Hamas nel sud d’Israele e il successivo trasferimento di ostaggi nella Striscia di Gaza.

Le persone sopravvissute agli attacchi, gli ex ostaggi e le loro famiglie continuano a tenere accesi i riflettori sull’esperienza passata e a chiedere giustizia e riparazioni.

Il rapporto pubblicato oggi da Amnesty International dà conto dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità commessi dall’ala militare di Hamas, le Brigate al-Qassam, e da altri gruppi armati palestinesi durante il loro assalto nel sud d’Israele e contro gli ostaggi successivamente portati nella Striscia di Gaza.

Nelle prime ore del 7 ottobre 2023, le forze di Hamas e altri gruppi armati palestinesi hanno lanciato un attacco coordinato, principalmente contro luoghi civili. Sono state uccise circa 1200 persone, oltre 800 delle quali civili, compresi 36 minorenni: prevalentemente ebrei israeliani ma anche beduini con cittadinanza israeliana e decine di lavoratori, studenti e richiedenti asilo di nazionalità straniera. Sono state ferite oltre 4000 persone e centinaia di case e di strutture civili sono state distrutte o rese inabitabili.

Attraverso l’analisi dello schema seguito negli attacchi, prove e contenuti delle comunicazioni tra le persone che vi stavano prendendo parte, Amnesty International ha concluso che questi crimini sono stati condotti nell’ambito di un attacco massiccio e sistematico contro una popolazione civile. Gli uomini armati hanno ricevuto istruzioni di prendere di mira persone civili.

“Le nostre ricerche hanno confermato che i crimini commessi da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi nei loro attacchi del 7 ottobre 2023 e contro le persone prese in ostaggio hanno fatto parte di un massiccio e sistematico assalto contro la popolazione civile e costituiscono pertanto crimini contro l’umanità”, ha dichiarato Callamard.

“Hamas e altri gruppi armati palestinesi hanno mostrato un abominevole disprezzo per la vita umana: hanno intenzionalmente e sistematicamente colpito civili nelle loro abitazioni e durante un festival musicale con l’obiettivo di prendere ostaggi, ciò che costituisce un crimine di guerra; hanno deliberatamente ucciso centinaia di civili, usando armi da fuoco e granate per portare fuori dalle loro stanze di sicurezza, o da altri luoghi in cui si nascondevano, persone terrorizzate, comprese famiglie con bambini piccoli o le hanno attaccate mentre erano in fuga. Amnesty International ha trovato prove che alcuni palestinesi si sono resi responsabili di pestaggi e aggressioni sessuali e hanno maltrattato i corpi di coloro che avevano ucciso”, ha aggiunto Callamard.

Hamas ha sostenuto che le sue forze non sono state coinvolte negli omicidi mirati, nei rapimenti e nei maltrattamenti dei civili durante gli attacchi del 7 ottobre 2023 e che molti civili sono stati uccisi dal fuoco israeliano. Ma, sulla base di ampie prove, video inclusi, e testimonianze, Amnesty International è giunta alla conclusione che, seppure alcuni civili siano stati uccisi dalle forze israeliane nel tentativo di respingere gli attacchi, la vasta maggioranza delle persone morte è stata intenzionalmente uccisa da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi, che hanno preso di mira luoghi civili lontani da qualsiasi obiettivo militare. Uomini armati palestinesi, comprese le forze di Hamas, sono stati allo stesso modo responsabili del rapimento di civili da più località e di violenza fisica, sessuale e psicologica contro le persone rapite.

Sono state 251 le persone, per lo più civili compresi anziani e bambini, prese in ostaggio e portate nella Striscia di Gaza. Nella maggioranza dei casi, sono state rapite vive ma si ritiene che 36 di esse fossero già morte. Queste persone sono state trattenute per settimane, mesi e in alcuni casi due anni. Alcuni degli ostaggi tornati vivi hanno riferito ad Amnesty International o in occasione di incontri pubblici di essere stati tenuti in catene in tunnel sottoterra per parte o per tutto il tempo e di aver subito intense violenze, privazioni e tormenti psicologici come la minaccia di esecuzione. Alcuni di loro hanno subito aggressioni e violenze sessuali e minacce di matrimonio forzato e sono stati costretti a stare nudi. Almeno sei ostaggi sono stati uccisi dai loro rapitori.

Amnesty International ha intervistato 70 persone: 17 sopravvissute agli attacchi del 7 ottobre 2023, familiari di vittime, medici legali, professionisti sanitari, avvocati, giornalisti e autori di indagini. I suoi ricercatori hanno visitato alcuni dei luoghi attaccati e hanno esaminato oltre 350 fotografie e video di tali luoghi e delle persone tenute in ostaggio nella Striscia di Gaza.

Sulla base delle proprie indagini Amnesty International ha concluso che Hamas e altri gruppi armati palestinesi hanno commesso i crimini contro l’umanità di “uccisione”, “sterminio”, “imprigionamento o altra grave forma di privazione della libertà fisica in violazione delle norme fondamentali del diritto internazionale”, “sparizione”, “tortura”, “stupro (…) o ogni altra forma di violenza sessuale di gravità comparabile” e “altri atti inumani”.

Decenni di spaventose violazioni ai danni delle persone palestinesi e di occupazione illegale e di apartheid nonché il genocidio tuttora in corso nella Striscia di Gaza non possono giustificare in alcun modo questi crimini né esonerare i gruppi armati palestinesi dai loro obblighi di diritto internazionale. Le violazioni dei diritti umani da parte dei gruppi armati palestinesi nel contesto degli attacchi del 7 ottobre 2023 devono essere riconosciute e condannate per ciò che sono: crimini di atrocità. Hamas, inoltre, deve restituire senza alcuna condizione il corpo di una persona uccisa il 7 ottobre 2023 e presa in ostaggio non appena lo avrà localizzato”, ha sottolineato Callamard.

Nelle ultime settimane il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato la costituzione di un comitato che esaminerà il processo decisionale del governo in occasione degli attacchi del 7 ottobre 2023. Questo annuncio è stato assai criticato, anche dalle persone sopravvissute agli attacchi e dalle famiglie di quelle uccise, in quanto privo di indipendenza e disallineato rispetto ai precedenti di commissioni d’inchiesta dirette da un giudice.

Amnesty International chiede alle autorità dello Stato di Palestina di riconoscere e denunciare le gravi violazioni del diritto internazionale commesse dai gruppi armati palestinesi e di condurre indagini indipendenti e imparziali per identificare persone sospettate di aver commesso crimini di diritto internazionale nonché di cooperare totalmente coi meccanismi internazionali d’indagine, anche condividendo prove in loro possesso.

Una giustizia internazionale necessaria per tutte le vittime

Le indagini in corso della Corte penale internazionale sulla “situazione in Palestina” e i mandati d’arresto emessi dalla stessa Corte nei confronti del primo ministro Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Gallant per crimini di guerra e crimini contro l’umanità restano elementi fondamentali di un genuino accertamento delle responsabilità.

Assumere iniziative per chiamare alti funzionari israeliani a rispondere di crimini di diritto internazionale è un passo essenziale per far terminare il genocidio israeliano nella Striscia di Gaza, per ripristinare la fiducia nel diritto internazionale e per assicurare a tutte le vittime dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità giustizia, verità e riparazioni.

Ad avviso di Amnesty International, la Corte penale internazionale dovrebbe proseguire a indagare sui crimini commessi dai gruppi armati palestinesi prima, durante e dopo gli attacchi del 7 ottobre, per assicurare che le persone sospettate di essere responsabili di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità siano portate di fronte alla giustizia.

“Si tratta di questioni non negoziabili. I responsabili di crimini di diritto internazionale devono rispondere alla giustizia e le istituzioni che essi rappresentano devono avviarsi lungo un percorso nuovo, basato sui diritti umani e sul diritto internazionale, anche adottando leggi che impediscano la futura ripetizione di tali violazioni. Tutte le parti devono riconoscere le proprie responsabilità e fornire piena collaborazione agli organismi investigativi e ai meccanismi della giustizia internazionale, come la Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite e la Corte penale internazionale, dando seguito alle loro raccomandazioni e permettendo loro di raccogliere, conservare e analizzare prove al fine di accertare le responsabilità. Le vittime devono essere ascoltate, devono essere riconosciute per ciò che hanno subito e devono ricevere rimedi efficaci, comprese le riparazioni. Senza queste misure concrete per assicurare verità e giustizia non potrà esserci alcuna pace duratura”, ha concluso Callamard.