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Il 3 ottobre il Tribunale civile di Milano sarà chiamato a valutare il ricorso del cittadino algerino Seif Eddine Abdelmalik Bensouibat, a seguito della decisione della Commissione nazionale per il diritto d’asilo del 16 maggio scorso di revocare il suo status di rifugiato, cui ha fatto seguito un ordine di espulsione nei suoi confronti.
Il provvedimento di revoca dello status argomenta che Bensouibat rappresenti una minaccia per la sicurezza nazionale a causa di due post su Instagram e un’immagine di profilo di WhatsApp e che le ragioni che hanno portato al riconoscimento della protezione internazionale nel 2013 siano venute meno.
La Commissione ha altresì concluso che Bensouibat non corre un rischio credibile di tortura e altri maltrattamenti in Algeria e che, quindi, il divieto di non-refoulement ai sensi del diritto europeo non si applicherebbe al suo caso. Successivamente alla revoca, lo stesso è stato detenuto in un centro di detenzione pre-allontanamento (Cpr) per quattro giorni prima che un giudice concludesse che la sua detenzione non era giustificata e ordinasse il suo rilascio il 20 maggio.
Amnesty International, dopo aver esaminato attentamente il caso e il provvedimento di revoca dell’asilo, ha espresso profonda preoccupazione per la revoca immotivata dello status di rifugiato e per l’ordine di espulsione pendente. Il 16 giugno scorso, l’organizzazione ha indirizzato una comunicazione alla Commissione nazionale per il diritto d’asilo esprimendo inquietudine per le decisioni adottate.
Alla luce delle informazioni apportate dalla lettera di risposta del Prefetto del 31/07/2024, Amnesty International continua a ritenere che non ci siano elementi sufficientemente precisi e credibili che dimostrino che Bensouibat costituisca una minaccia seria per la sicurezza nazionale e che gli elementi che hanno motivato le autorità italiane a riconoscergli l’asilo nel 2013 rimangano validi.
Un suo rimpatrio in Algeria violerebbe gli obblighi dell’Italia ai sensi della Convenzione sui rifugiati del 1951, in quanto la sua vita o la sua libertà sarebbero a rischio reale di essere minacciate. Inoltre, il suo precedente status di rifugiato lo renderebbe un particolare bersaglio di azioni repressive da parte del governo algerino.