Italia: i campi della segregazione per i rom, una macchia per la città di Roma

29 Ottobre 2013

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In un rapporto pubblicato oggi, Amnesty International ha affermato che le autorità comunali di Roma hanno portato avanti un sistema a doppio binario di assegnazione degli alloggi che sta negando a migliaia di rom l’accesso a un alloggio adeguato.

‘Il Comune di Roma sta tenendo migliaia di rom ai margini della società. Il sistema di assegnazione degli alloggi pubblici è congegnato e attuato in modo tale da condannare migliaia di rom, per semplici ragioni di etnia, a vivere in strutture segregate, al di sotto degli standard, in campi lontani dai servizi e dalle aree residenziali. Questa è una macchia per la città di Roma’ – ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International.

‘Ciò avviene con la tacita complicità del governo italiano, che a livello nazionale non sta garantendo uguale accesso agli alloggi pubblici per tutti, in chiara violazione dei suoi obblighi internazionali di eliminare la discriminazione, ai sensi del diritto internazionale come di quello dell’Unione europea, e di realizzare il diritto a un alloggio adeguato’ – ha proseguito Dalhuisen.

Il rapporto di Amnesty International, intitolato ‘Due pesi e due misure: le politiche abitative dell’Italia discriminano i rom‘, denuncia come oltre 4000 rom residenti nei campi autorizzati di Roma subiscano una discriminazione sistematica, anche quando fanno domanda di assegnazione di un alloggio pubblico.

A seguito degli sgomberi forzati, queste persone sono state trasferite in container e roulotte all’interno di campi segregati, sovraffollati e recintati, costruiti e gestiti dalle autorità comunali. Questa circostanza limita profondamente le possibilità d’integrarsi in una comunità più ampia e di trovare un impiego regolare.

Nonostante le loro povere condizioni di vita, per oltre un decennio i criteri per dare priorità alle domande di alloggio popolare hanno effettivamente impedito ai rom di accedervi. Il richiedente doveva dimostrare di essere stato legalmente sfrattato da un alloggio privato in affitto, cosa impossibile per i rom residenti nei campi o sgomberati con la forza da questi ultimi.

Alla fine del 2012, è stato introdotto un nuovo criterio per dare priorità alle persone che si trovavano in gravi condizioni di svantaggio, ospitati a titolo provvisorio in strutture fornire da enti caritatevoli o dallo stesso Comune di Roma. Quando i rom residenti nei campi hanno iniziato a presentare domande, l’amministrazione municipale si è affrettata a chiarire, con una circolare, che quel criterio non si applicava nei loro confronti.

Nel 2008 l’ex sindaco di Roma adottò il ‘Piano nomadi’ con l’obiettivo di chiudere gli insediamenti informali dei rom e trasferirne gli occupanti in campi autorizzati per soli rom. Il piano, parzialmente attuato, ha comportato sgomberi forzati per centinaia di rom. Molti rom sono stati lasciati senza speranza, condannati a una vita di segregazione, povertà ed esclusione sociale.

‘Il ‘Piano nomadi’ ha comportato costosi spostamenti di famiglie e ha completamente mancato di affrontare le necessità abitative dei rom e la più ampia questione della loro integrazione sociale. Anche il governo nazionale ha chiaramente riconosciuto che grandi campi segregati hanno rovinato la vita di generazioni di rom’ – ha sottolineato Dalhuisen.

Il 28 ottobre, nel corso di un incontro con Amnesty International, la nuova amministrazione di Roma ha espresso l’intenzione di annullare la circolare discriminatoria che impedisce ai rom di accedere agli alloggi pubblici. Ciò costituirebbe un importante passo nella giusta direzione.

L’amministrazione capitolina ha inoltre comunicato la cessazione del ‘Piano nomadi’, un altro aspetto apprezzato da Amnesty International. Ora il Comune di Roma deve far seguire azioni concrete, nel breve periodo, per mitigare la segregazione dei rom e le misere condizioni di vita di coloro che vivono nei campi e sviluppare un piano di più lunga durata per porre fine al sistema a doppio binario di assegnazione degli alloggi che condanna migliaia di rom a vivere nei campi.

Amnesty International non sta chiedendo che ai rom che vivono nei campi di Roma venga data priorità nell’accesso alla limitata disponibilità di alloggi pubblici della capitale. Chiediamo che abbiamo uguale accesso, senza tener conto della loro etnia‘ – ha precisato Dalhuisen.

‘Amnesty International difende il diritto a un alloggio adeguato per tutti e sollecita il Comune di Roma, così come il governo nazionale, a fare tutto il possibile per accrescere la disponibilità di alloggi pubblici per le migliaia di famiglie della capitale che hanno disperato bisogno di un’abitazione’  – ha proseguito Dalhuisen.

Circa metà dei rom in Italia è costituita da cittadini italiani. Altri sono riconosciuti come rifugiati dall’ex Jugoslavia, sono immigrati provenienti per lo più dalla Romania o dai Balcani o apolidi, riconosciuti o di fatto.

‘I rom sono parte integrante della società italiana. Eppure, restano tra coloro che sono più gravemente colpiti da condizioni abitative profondamente inadeguate e da una diffusa discriminazione a Roma come in molte altre città italiane’ – ha aggiunto Dalhuisen.

Le autorità locali e nazionali sono obbligate a realizzare il principio di non discriminazione. La segregazione delle famiglie rom nei campi potrà terminare solo quando esse potranno accedere in condizioni di uguaglianza ad altre forme di alloggio, compresi gli alloggi pubblici.

‘Non può esservi alcuna scusa o giustificazione per le politiche discriminatorie in materia di alloggio. Il governo italiano deve rivedere le leggi e le prassi in materia di alloggio e rimuovere tutti gli ostacoli che discriminano i rom e li tengono intrappolati nei campi. Se le autorità italiane non agiranno immediatamente in modo adeguato e continueranno invece a violare la legislazione antidiscriminazione dell’Unione europea in modo così clamoroso, sarà più urgente che mai che la Commissione europea apra una procedura d’infrazione contro l’Italia’ – ha concluso Dalhuisen.

Testimonianze

Miriana Halilovic, cittadina italiana, è sposata ed è madre di quattro figli, comprese due gemelle nate a metà del 2013. Dopo lo sgombero forzato da un campo informale nel 2010, la famiglia è stata trasferita in una piccola roulotte nel campo autorizzato di Salone. ‘Quando ci hanno trasferito dal Casilino 900, ci hanno detto che sarebbe stato per poco tempo. Adesso sono tre anni e mezzo che sto qui. Perché non abbiamo una casa? Che devo dire a mio figlio? Che gli altri sono meglio di noi?’. Miriana è in attesa dell’esito della sua domanda di un alloggio pubblico.

Hanifa, 23 anni, vive da tre anni nel campo autorizzato di Castel Romano con suo marito e cinque figli. ‘Hanno tolto la fermata dell’autobus. È come stare in prigione. Se non hai l’automobile puoi anche morire di fame!’.

Georgescu Vassile, panettiere, è arrivato in Italia dalla Romania nel 1999 con sua moglie: ‘Ho fatto domanda per un alloggio pubblico nel 2011, avevo otto punti nella vecchia graduatoria, troppo pochi. Siamo tre famiglie in un container, compresi i miei due figli, le loro mogli e tre nipoti. Abbiamo pensato a una casa in affitto ma è troppo difficile. Per 11 persone, dovremmo pagare 1000 euro. Se ci aggiungi le spese, arrivi a 1500 euro. Non possiamo farcela. Abbiamo solo due stipendi’.

Ulteriori informazioni

Fermare la discriminazione, gli sgomberi forzati e la segregazione etnica dei rom‘ è una delle 10 richieste contenute nell’Agenda in 10 punti per i diritti umani che Amnesty International Italia ha presentato a tutti i candidati e leader di coalizione, nell’ambito della campagna ‘Ricordati che devi rispondere’, nel corso dell’ultima campagna elettorale. Tale richiesta è stata sottoscritta da tutti i leader delle formazioni che compongono l’attuale governo e da 117 parlamentari.

Scarica il rapporto ‘Due pesi e due misure. Le politiche abitative dell’Italia discriminano i rom’

Scarica una sintesi delle preoccupazioni e delle raccomandazioni di Amnesty International

FINE DEL COMUNICATO               Roma, 30 ottobre 2013

Per interviste: Amnesty International Italia
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