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In occasione della presentazione di un nuovo documento, intitolato “Ai margini: sgomberi forzati e segregazione dei rom in Italia“, Amnesty International ha sollecitato oggi l’urgente modifica delle leggi, delle politiche e delle prassi discriminatorie che emarginano le comunità rom in Italia. Il documento mette in luce il continuo e sistematico mancato rispetto dei diritti dei rom da parte delle autorità italiane.
Nei 10 mesi trascorsi da quando il Consiglio di stato, il più alto organo di giustizia amministrativa, ha dichiarato illegittima la cosiddetta “Emergenza nomadi”, ossia le leggi d’emergenza che hanno preso di mira i rom in Italia, questi ultimi non hanno ricevuto alcuna riparazione né alcun concreto rimedio alle violazioni dei diritti umani causate da tre anni e mezzo di stato d’emergenza.
“Il governo italiano non sta tenendo fede ai suoi obblighi internazionali e agli impegni assunti di fronte alla Commissione europea. Bambini, donne e uomini residenti nei campi continuano a essere sgomberati senza adeguata consultazione, preavviso e offerta di un alloggio alternativo” – ha dichiarato Elisa De Pieri, ricercatrice sull’Italia del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International. “I residenti dei campi informali sono i più colpiti e continuano a essere sgomberati a ogni occasione. La recente apertura di un nuovo campo segregato, La Barbuta, fuori Roma, è un esempio assai evidente di come le autorità non intendano cambiare” – ha sottolineato De Pieri. “Il governo Monti non usa il linguaggio offensivo dei suoi predecessori. Ma quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, non si riscontrano reali differenze” – ha aggiunto De Pieri.
Nonostante la promessa di promuovere uguale trattamento e di migliorare le condizioni di vita dei rom, sancita nella Strategia nazionale d’inclusione dei rom, dei sinti e dei caminanti presentata dal governo italiano all’Unione europea quest’anno a febbraio, nel 2012 centinaia di rom sono stati vittime di sgomberi forzati a Roma e Milano, rimanendo senza alloggio.
I piani per chiudere i campi autorizzati e quelli “tollerati” vanno avanti nonostante la mancanza di un’autentica consultazione e di adeguate salvaguardie legali. Le condizioni di vita nella maggior parte dei campi autorizzati restano molto misere, mentre quelle nei campi informali sono anche peggiori, con scarso accesso all’acqua, all’energia elettrica e ai servizi igienico-sanitari. Prosegue la segregazione su base etnica e la maggior parte dei rom è esclusa dall’accesso all’edilizia popolare.
In molti casi, i ripetuti sgomberi forzati hanno spinto i rom a costruirsi baracche in luoghi dove sono esposti a condizioni estremamente precarie, con accesso assai limitato all’acqua, ai servizi igienico-sanitari e ad altri servizi, con riparo pressoché inesistente dalle intemperie e infestati da topi e ratti.
“Sono veramente arrabbiato. Vivevo in un campo autorizzato, lavoravo, i miei figli stavano andando a scuola e adesso non ho niente” – ha raccontato Daniel, che vive in Italia da 12 anni e che ha risieduto nel campo autorizzato di via Triboniano a Milano, fino allo sgombero forzato del maggio 2010. Ora vive in un campo informale di Milano.
Secondo le autorità locali di Roma, nei primi sei mesi del 2012 sono state sgomberate oltre 850 persone dai campi informali. Rifugi di emergenza sono stati offerti solo in 209 casi, tutti riguardanti madri e bambini. Solo cinque madri e i loro nove figli hanno accettato, mentre la maggior parte ha rifiutato la separazione dal resto della famiglia. A Milano, oltre 400 persone sono state colpite da sgomberi dall’inizio del 2012 alla fine di luglio.
“I rom in Italia restano intrappolati in pastoie burocratiche che impediscono loro di concorrere senza discriminazioni alle graduatorie per gli scarsi alloggi popolari” – ha proseguito De Pieri.
“Solo una settimana fa, il governo italiano ha ospitato il VI World urban forum, che ha sottolineato la necessità di migliorare la qualità della vita. È davvero giunto il momento che le autorità italiane smettano di aggirare i loro obblighi internazionali e migliorino la qualità della vita dei rom che vivono nei campi autorizzati e in quelli informali, fornendo loro un alloggio adeguato – cosa che è un loro diritto. Le famiglie rom devono essere messe in grado di integrarsi e di diventar parte della società in condizioni di uguaglianza” – ha concluso De Pieri.
Amnesty International ha inoltre raccomandato che la Commissione europea avvii una procedura d’infrazione contro l’Italia sulla base della Direttiva sull’uguaglianza razziale, per il trattamento discriminatorio dei rom rispetto al loro diritto a un alloggio adeguato.
Un po’ di speranza per i rom in Italia arriva da due recenti sentenze in materia di sgomberi forzati e segregazione.
Il 31 luglio, il sindaco di Roma ha ordinato la chiusura del campo di Tor de’ Cenci, residenza di rom della Bosnia e della Macedonia sin dal 1996, ufficialmente per motivi di scarsa igiene e dei conseguenti rischi per la salute degli abitanti. L’unica alternativa offerta è stata all’interno dei campi segregati della Barbuta e di Castel Romano, entrambi situati a grande distanza dalla città e isolati dai servizi.
Dopo il ricorso di alcune famiglie rom rimaste a Tor de’ Cenci, il 27 agosto il Tar del Lazio ha sospeso temporaneamente l’ordinanza del sindaco e ha ricordato alle autorità che esse sono responsabili del mantenimento di adeguate condizioni di salute e di igiene nel campo, fino a quando il tribunale non prenderà una decisione definitiva sullo sgombero.
Nel frattempo, tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, circa 200 persone sono state trasferite da Tor de’ Cenci alla Barbuta, un’isolata striscia di terra stretta tra la ferrovia, il Grande raccordo anulare e la pista dell’aeroporto di Ciampino. Il 4 agosto, il tribunale civile di Roma ha accolto un ricorso delle Organizzazioni non governative locali, sospendendo in via precauzionale i nuovi trasferimenti alla Barbuta, in attesa di pronunciarsi sulla natura discriminatoria del sistema di alloggio concepito nel nuovo campo.