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Migliaia di persone, in ogni parte del mondo, celebreranno domani (martedì 10 ottobre) la IV Giornata mondiale contro la pena di morte, auspicando un mondo senza esecuzioni.
Il tema della Giornata di quest’anno, organizzata dalla Coalizione mondiale contro la pena di morte, è quello del fallimento della giustizia rappresentato dalle esecuzioni. Secondo Amnesty International, i paesi che ancora ricorrono alla pena di morte lo fanno in un modo che è clamorosamente contrario alle norme e agli standard internazionali.
Amnesty International e la Coalizione mondiale contro la pena di morte vogliono richiamare l’attenzione sulla flagrante assenza di giustizia che accompagna l’uso della pena di morte in molti paesi: questa è un’altra decisiva ragione per cui il mondo dovrebbe voltare finalmente le spalle all’omicidio di Stato.
La Giornata mondiale contro la pena di morte metterà in luce le mancanze del sistema giudiziario in Arabia Saudita, Cina, Iran, Nigeria e Usa, paesi che non rispettano gli standard previsti da numerosi trattati internazionali.
Amnesty International ritiene che la pena di morte non sia mai accettabile e che ogni esecuzione costituisca una violazione estrema del diritto alla vita, tanto più quando lo Stato sopprime una vita umana al termine di un processo giudiziario iniquo.
Uccidere un essere umano sulla base di così bassi standard di giustizia rende ancora più evidente e urgente la necessità di abolire la pena di morte.
Nel 2006, la tendenza mondiale verso un mondo libero dalle esecuzioni ha conosciuto ulteriori progressi, con l’abolizione della pena di morte da parte delle Filippine e della Moldova. Il numero dei paesi che non applicano più la pena di morte per legge o per prassi è così salito a 129.
Una volta abolita, è assai difficile che la pena di morte torni ad essere oggetto di discussione. Ciò nonostante, in Perú e Polonia le autorità stanno prendendo in considerazione l’ipotesi retrograda di modificare la legislazione per ripristinarla.
La Giornata mondiale contro la pena di morte offre ai sostenitori della pena capitale l’opportunità di riconsiderare il loro sostegno a questa punizione ormai ‘fuori moda’. La tendenza mondiale abolizionista è sempre più decisa e, all’interno della minoranza degli Stati in cui la pena di morte è ancora applicata, ci si chiede quali risultati siano stati ottenuti uccidendo prigionieri inermi.
La Giornata mondiale contro la pena di morte vedrà anche la nascita della Rete asiatica contro la pena capitale (Adpan), un’iniziativa che coinvolgerà migliaia di cittadini dei paesi dell’area Asia – Pacifico e che avrà uno dei suoi fulcri a Seul, dove il Parlamento sud-coreano sta discutendo un progetto di legge per l’abolizione della pena di morte. Questa rete di attivisti, organizzazioni non governative, gruppi della società civile e avvocati di ogni parte della regione – tra cui Giappone, India e Singapore – vuole attirare l’attenzione sull’iniquità e l’ingiustizia inerenti all’applicazione della pena di morte, attraverso il lancio di appelli su casi singoli e di campagne per sostenere iniziative abolizioniste a livello nazionale e regionale.
La regione Asia – Pacifico pare muoversi in controtendenza rispetto al trend mondiale. Amnesty International lavorerà insieme all’Adpan per chiedere ai paesi della regione di cancellare la pena di morte; in assenza di leggi abolizioniste, infatti, anche un periodo senza esecuzioni può vedere facilmente la fine, come evidenziato dalla fucilazione di tre uomini in Indonesia, a settembre, dopo 15 mesi di mancata applicazione.
Tra i paesi asiatici che hanno preso la guida del movimento abolizionista figurano le Filippine, che hanno abolito la pena di morte a giugno. L’Adpan svolgerà campagne in altri paesi asiatici per tradurre in realtà il loro impegno a rispettare i diritti umani, attraverso la tutela del più importante di essi, quello alla vita.
Ulteriori informazioni
La Giornata mondiale contro la pena di morte è organizzata dalla Coalizione mondiale contro la pena di morte, che raggruppa 53 organizzazioni, tra cui Amnesty International, associazioni di avvocati, sindacati, autorità comunali e regionali con l’obiettivo di liberare il mondo dalla pena di morte.
La Giornata mondiale sarà seguita dall’iniziativa ‘Città per la vita’, che avrà luogo il 30 novembre. ‘Città per la vita’ è un evento annuale che prevede l’illuminazione di edifici pubblici o altri luoghi che rappresentano simbolicamente le comunità di piccole e grandi città del mondo, a testimonianza del valore della vita e dell’opposizione alla pena di morte. ‘Città per la vita’ è organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, con l’appoggio della Coalizione mondiale contro la pena di morte.
Nelle pagine del sito di Amnesty Italia sarà possibile trovare le iniziative e gli eventi organizzati in tutta Italia in occasione della Giornata e firmare gli appelli, che quest’anno sono dedicati ai seguenti casi:
Arabia Saudita
Sit Zainab Binti Duhri Rupa
Di nazionalità indonesiana e madre di due figli, Sit Zainab Binti Duhri Rupa, è rinchiusa presso la prigione di Medina dal 1999. La donna soffrirebbe di disturbi mentali e sarebbe stata costretta a ‘confessare’ l’omicidio durante l’interrogatorio della polizia. Dopo l’arresto, Sit Zainab Binti Duhri Rupa non ha avuto accesso all’ambasciata indonesiana per almeno 11 mesi, né ad un avvocato, né alla propria famiglia.
Cina
Nie Shubin
Dopo aver subito torture Nie Shubin è stato messo a morte nel 1995 per il rapimento e l’omicidio di una donna. All’inizio del 2005, un detenuto sospettato di un altro reato, ha confessato di aver commesso l’omicidio del quale Nie Shubin era stato accusato. Le autorità cinesi hanno successivamente ammesso il proprio errore, consigliando alla famiglia di Nie Shubin di chiedere un risarcimento.
She Xianglin e Teng Xingshan
She Xianglin e Teng Xingshan sono stati entrambi accusati dell’omicidio delle rispettive mogli in due casi distinti avvenuti nel 1994 e nel 1987. Tutti e due sono stati condannati a morte nonostante si proclamassero innocenti e dichiarassero di aver confessato i crimini poiché pesantemente picchiati durante gli interrogatori. In entrambi i casi, le presunte vittime sono riapparse alcuni anni dopo. Prosciolto da tutte le accuse She Xianglin è stato rilasciato il 1° aprile 2005, dopo 11 anni di prigione.
Teng Xingshan è stato messo a morte nel 1989.
Iran
Khaled Hardani, Shahram e Farhang Pourmansouri
Khaled Hardani è stato condannato a morte, insieme ai cognati Shahram e Farhang Pourmansouri, per aver preso parte nel gennaio del 2001 al dirottamento di un piccolo aereo da 30 posti con l’obiettivo di fuggire dalle condizioni di povertà in cui versa la famiglia. Al momento del dirottamento, i due cognati avevano rispettivamente 17 e 18 anni. Il Capo della magistratura avrebbe ordinato la sospensione delle esecuzioni a
causa dell’età dei due fratelli. Tutti e tre sono stati tenuti in isolamento, senza ricevere una difesa adeguata. Il 20 maggio 2006, Khaled Hardani ha annunciato di aver iniziato lo sciopero della fame per protestare contro la sua detenzione prolungata e l’incertezza che avvolge il suo destino.
Nigeria
Gloria (nome di fantasia)
Nell’ottobre del 1987 Gloria è stata arrestata all’età di 17 anni a Calabar, in Nigeria. E’ stata accusata di omicidio dopo che un uomo, imputato nello stesso processo, ha dichiarato di aver avuto una visione nella quale la ragazza uccideva la vittima. Gloria ha sempre sostenuto di non sapere chi fosse l’assassino. Nel novembre del 1994, è stata condannata a morte per omicidio senza ricevere assistenza legale. A causa della mancanza di avvocati della difesa non è stato possibile ricorrere in appello. Per la lontananza e l’alto costo delle spese di viaggio, Gloria non riceve visite da parenti e amici.
Usa (Texas)
Scott Louis Panetti
Scott Panetti è detenuto presso il braccio della morte del Texas. Condannato a morte nel 1995 per aver ucciso i suoceri nel 1992, ha una lunga storia di malattia mentale che include la schizofrenia. E’ stato ricoverato più di 12 volte in vari istituti, prima di commettere gli omicidi dei quali è accusato. Ritenuto idoneo a sostenere il processo, gli è stato consentito di rinunciare a farsi rappresentare da un avvocato.
In aula, indossando vestiti da cowboy, ha pronunciato discorsi completamente privi di senso. In sua difesa ha chiamato a testimoniare Gesù Cristo e John Fitzgerald Kennedy.
FINE DEL COMUNICATO Roma, 9 ottobre 2006
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