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Da oltre tre settimane all’intera popolazione del Jammu e Kashmir vengono negati i diritti alle libertà di movimento, di opinione e di espressione. Il Consiglio Onu dei diritti umani ha parlato di “una forma di punizione collettiva, incompatibile coi principi fondamentali di necessità e proporzionalità”.
Il blocco delle comunicazioni, l’arresto dei leader politici e le limitazioni imposte alla stampa, con le uniche informazioni che filtrano all’esterno controllate dalle autorità indiane, rendono estremamente difficile verificare cosa stia accadendo nella regione.
I portali d’informazione sono aggiornati al 5 agosto, giorno della revoca unilaterale da parte del governo centrale dell’articolo 370 della Costituzione indiana, che garantiva al Jammu e Kashmir uno statuto speciale all’interno della federazione. I quotidiani locali escono privi di qualsiasi commento o editoriale.
Molti leader politici locali sono stati arrestati: tra questi gli ex primi ministri Farooq Abdullah, Omar Abdullah e Mehbooba Mufti e gli esponenti politici Shah Faesal e Ravinder Sharma.
Non è noto quante persone in tutto siano state arrestate, dove siano detenute e se possano avere contatti con avvocati e familiari.
Tra il 5 e il 21 agosto, secondo l’agenzia Reuters, 152 persone sono state ricoverate per ferite da pallini da caccia e da esposizione a gas lacrimogeni. A causa del perdurante blocco delle comunicazioni, il numero dei feriti e delle eventuali vittime nel corso delle manifestazioni è impossibile da accertare.