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Successive alle elezioni dell’8 agosto, le proteste in Kenya sono state scatenate dalla denuncia del candidato di oppoziione, Raila Odinga.
In base a quanto ha dichiarato, il sito della commissione elettorale era stato hackerato usando user e password di Chris Msando, il presidente della stessa commissione ucciso il 31 luglio. Di conseguenza, secondo Odinga, i risultati elettorali erano stati manipolati in favore del presidente uscente, Uhuru Kenyatta.
In una nota ufficiale Muthoni Wanyeki, direttrice di Amnesty International per l’Africa orientale, il Corno d’Africa e i Grandi laghi, ha chiesto alla polizia del Kenya di non usare la forza quando non necessaria nel controllo delle proteste successive alle elezioni dell’8 agosto.
“La polizia non ricorra alla forza o alle armi da fuoco per interrompere proteste pacifiche – ha dichiarato Muthoni Wanyeki –. Tale ricorso dovrebbe essere limitato a circostanze estreme e, anche in quei casi, l’uso dovrebbe essere finalizzato a prevenire perdite di vite umane. L’uso eccessivo o sproporzionato della forza violerebbe le norme interne e internazionali“.
L’appello a comportamenti non violenti è rivolto anche alle opposizioni: “Se le proteste diventano violente, la polizia ha il dovere di proteggere le persone ma non può prendere a pretesto gli atti di violenza di pochi per limitare i diritti di chi manifesta in modo pacifico. La polizia deve anche assicurare l’incolumità e i diritti degli osservatori elettorali e dei giornalisti che stanno seguendo l’esito delle elezioni. I leader degli schieramenti politici devono fare la loro parte per sollecitare i loro sostenitori ad astenersi dalla violenza“, ha concluso Wanyeki.