La comunità internazionale non si faccia ingannare da dubbie dichiarazioni sullo scioglimento della polizia morale

6 Dicembre 2022

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Amnesty International ha sollecitato la comunità internazionale a non farsi ingannare da dubbie e contraddittorie dichiarazioni circa il presunto scioglimento della “polizia morale”: la violenza contro le donne e le ragazze in Iran è destinata ad andare avanti a causa delle norme sull’obbligo d’indossare il velo e dell’operato di coloro che vigilano sulla loro attuazione.

Il 3 dicembre, nel corso di una conferenza stampa, il procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri, aveva dichiarato: “La ‘polizia morale’ non ha nulla a che fare con la magistratura ed è stata chiusa da chi in passato l’aveva istituita. Il potere giudiziario continuerà a occuparsi del comportamento della popolazione nella società”, lasciando così intendere che il controllo del corpo delle donne, attraverso le norme sul velo obbligatorio, sarebbe proseguito.

“Le parole del procuratore generale sono state volutamente vaghe e non hanno fatto riferimento all’infrastruttura giuridica e politica che mantiene in vigore l’obbligo d’indossare il velo. Dire che la ‘polizia morale’ non ha niente a che vedere con la magistratura distorce la realtà: da decenni, la criminalizzazione delle donne e delle ragazze attraverso le norme sull’obbligo d’indossare il velo ha il timbro della magistratura. Di fronte allo scandalo, in Iran e nel resto del mondo, suscitato da questa forma estrema di discriminazione e violenza di genere, le autorità iraniane si stanno passando la palla l’una all’altra per venir meno alle loro responsabilità”, ha dichiarato Heba Morayef, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

“La comunità internazionale e i mezzi d’informazione non devono permettere alle autorità iraniane di gettar loro fumo negli occhi. L’obbligo d’indossare il velo è incastonato nel codice penale, in leggi e regolamenti che consentono agli organi amministrativi e di sicurezza di arrestare donne e ragazze e negare loro l’accesso a luoghi pubblici come ospedali, scuole, uffici governativi e aeroporti se non si coprono il capo. Fino a quando queste norme non verranno abolite, la stessa violenza che è costata la morte a Mahsa Zhina Amini potrà abbattersi su milioni di altre donne e ragazze”, ha aggiunto Morayef.

La “polizia morale” è una sotto-unità delle forze di polizia, dipendente dal ministero dell’Interno. Nonostante il procuratore generale abbia cercato di far credere che la magistratura non c’entra niente, sulla base del codice di procedura penale le forze di polizia sono considerate “ufficiali giudiziari” che possono eseguire arresti e interrogatori su supervisione e istruzioni della procura.

La “polizia morale” pone l’intera popolazione femminile sotto sorveglianza, e non solo da parte dello stato. Le norme sull’obbligo d’indossare il velo consentono anche ad attori non statali, come gruppi di vigilantes, di intimidire e aggredire quotidianamente e in pubblico le donne e le ragazze.

L’obbligo d’indossare il velo viola tutta una serie di diritti: all’uguaglianza, alla riservatezza, alla libertà d’espressione e di credo religioso; degrada le donne e le ragazze, negando loro dignità, autonomia del corpo e autostima.

Secondo l’articolo 638 del codice penale islamico, ogni atto giudicato “offensivo” nei confronti della pubblica decenza è punito con periodi di carcere da 10 giorni a due mesi o con 74 frustate. Una nota esplicativa all’articolo aggiunge che le donne che sono viste in luoghi pubblici senza il velo sono punite con periodi di carcere da 10 giorni a due mesi o con una multa. Queste norme si applicano dai nove anni in su, età a partire dalla quale le bambine sono responsabili dal punto di vista penale. Nella prassi, le autorità impongono l’uso del velo sin dalle scuole elementari, dai sette anni in poi.

“È importante ricordare che in Iran si manifesta non solo per lo scioglimento della ‘polizia morale’ ma anche per la transizione verso un sistema politico e giuridico che rispetti i diritti e le libertà fondamentali. La rivolta popolare in corso in tutto il paese riflette la rabbia contro decenni di oppressione ai danni delle iraniane e degli iraniani, che vengono uccisi quotidianamente solo perché chiedono libertà, democrazia e diritti umani”, ha concluso Morayef.