©Photo by KARIM SAHIB/AFP via Getty Images
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Già all’inizio la notizia aveva sconcertato: Sultan al-Jaber, il direttore dell’Adnoc, l’ente petrolifero degli Emirati Arabi Uniti designato alla presidenza della Cop-28, la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima che quest’anno si svolgerà proprio nell’emirato del Golfo.
Le sue prime dichiarazioni, secondo le quali le preoccupazioni per il clima non dovrebbero compromettere la crescita economica, avevano lasciato interdetti. Idem l’ingresso di funzionari di Adnoc nello staff della Cop-28.
Ma ora che Adnoc Drilling, che di quell’ente è parte integrante, ha dichiarato profitti record e annunciato un ulteriore aumento della produzione di combustibili fossili, la misura è più che colma.
Può la persona che è a capo di uno dei principali produttori di gas e petrolio al mondo e che intende aumentare ancora di più la produzione, danneggiando ancora di più il pianeta, essere chiamata a presiedere la conferenza globale che dovrebbe prendere provvedimenti per contrastare l’emergenza climatica?
La risposta di Amnesty International è no. C’è un enorme ed evidente conflitto d’interessi.
Per questo, l’organizzazione per i diritti umani ha chiesto a Sultan al-Jaber di decidere: se vuole presiedere la Cop-28 lasci l’incarico all’Adnoc e ponga l’uscita dal fossile tra le priorità della conferenza.
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